Col piffero che ci sta bene di sostituire il Salmo svizzero con l’ennesima ciofeca politikamente korretta e multikulturale! Giù le mani!
Come noto, la società di pubblica (in)utilità ha lanciato il concorso per un nuovo inno svizzero. Le proposte sono disponibili in internet e chi vuole potrà esprimersi entro il 15 maggio. Poi il Consiglio federale deciderà il da farsi, ovvero se effettivamente cambiare l’inno e, se del caso, con che procedura.
Rispondendo ad un’interpellanza sul tema il Consiglio federale aveva dichiarato che comunque, prima di eventualmente scegliere un nuovo inno, avrebbe consultato per lo meno il parlamento.
Non c’è motivo di cambiare
Non c’è alcun motivo plausibile per cui il salmo svizzero dovrebbe venire cambiato. La storiella del “testo vetusto” va presa per quello che è: un’immane fregnaccia. Tutti gli inni nazionali hanno testi datati. Guardiamo attorno a noi: l’inno di Mameli è attuale? L’Italia del XXI secolo ha forse problemi di dominazione austriaca? La Marsigliese è “moderna”? Quel testo, letto oggi, ben si adatterebbe al sedicente Stato islamico (ci sono anche gli inviti al massacro); non certo ad una democrazia europea. E chi potrebbe ritenere proponibile, nell’anno 2015, Yankee Doodle come inno nazionale? Eppure è quello del Connecticut.
Cosa disturba?
Cosa disturba in “Quando bionda aurora”? Il richiamo a Dio e alla patria. Il problema non è di “attualità” o meno del testo. Semplicemente si vuole propinare come inno nazionale qualcosa che per sua natura non può essere un inno nazionale. Quello che vogliono i promotori del balordo cambiamento è un inno “antinazionale”: l’ennesima fetecchiata politikamente korretta che blatera di “aperture”, di multikulturalità totalmente fallita e tutto quel che segue.
E, naturalmente, via tutti i richiami a Dio. Del resto il Dipartimento educazione e kultura del Canton Ticino vuole la storia delle religioni; quindi vuole mettere sullo stesso piano il Cristianesimo e l’Islam. Solo che il Cristianesimo è la nostra religione. Sta alla base della nostra società e del nostro vivere comune. L’Islam, invece, è il credo di una minoranza di immigrati che non di rado pongono pure dei problemi di integrazione. E’ quindi evidente che in Svizzera le due religioni non si possono mettere sullo stesso piano. Perché non si equivalgono affatto.
Cancellare le radici
I promotori dello smantellamento del salmo svizzero vorrebbero invece negare la priorità del Cristianesimo in un paese cristiano: bisogna cancellare le nostre radici per meglio aprirci all’immigrazione incontrollata. Un atteggiamento che offende molti cittadini elvetici. Ma chissenefrega di offendere gli svizzerotti razzisti e xenofobi? L’importante è non “urtare la sensibilità” degli immigrati. Che vanno accolti col tappeto rosso. Tanti diritti, di cui usufruire subito e senza limiti, (paga pantalone) e pochi doveri.
Di recente in una scuola lucernese si è verificato il delirante episodio di una direzione che vieta agli studenti di portare la camicia con le stelle alpine per non provocare taluni allievi albanesi non integrati. Che qualcuno riesca anche solo ad immaginare simili provvedimenti la dice lunga. Chi si sente provocato dai nostri simboli nazionali non è al suo posto in Svizzera, sicché fa il piacere di tornare da dove è venuto.
I problemi sono “altri”?
Si potrà dire che i problemi della gente non sono l’inno nazionale ma sono “altri”. E’ la solita frase fatta per distogliere l’attenzione. L’inno nazionale fa parte dell’identità svizzera. Il tema identitario è importante. E interessa alla gente.
Rottamare l’inno sotto il pretesto della vetustà (quando non c’è inno che non sia vetusto) è solo uno dei tanti tasselli di una strategia mirata a fare piazza pulita della nostra identità, dei nostri valori, delle nostre radici, delle nostre specificità. Il tutto accompagnato dal solito becero ritornello: “vetusto – chiuso- xenofobo – razzista”. Sempre meno svizzeri, sempre più omologati, multikulturali, uguali all’UE. La distruzione degli Stati e delle identità nazionali è uno degli obiettivi della fallimentare Unione europea e dei suoi infiltrati in Svizzera. Alla nostra identità sono legate a doppio filo le specificità del nostro Paese, costruite in secoli di lotte: democrazia diretta, neutralità, esercito di milizia, sovranità. Si smonta l’una con l’obiettivo di silurare le altre.
Giù le mani!
La nostra identità è costantemente sotto l’attacco degli spalancatori di frontiere. La tattica usata è quella del salame: una fetta oggi, un’altra domani e improvvisamente ci si accorge che il salame è sparito. L’inno nazionale è una di queste fette. Di conseguenza, non bisogna arretrare nemmeno di un millimetro. Il salmo svizzero non si tocca: vecchio o nuovo, bello o brutto che sia. Giù le mani! E avanti con il suo insegnamento obbligatorio nelle scuole!
Lorenzo Quadri