La casta vuole far pagare ai cittadini la propria macchina di propaganda e di potere

Continuano a fioccare le prese di posizione, vieppiù esagitate, contro la “criminale” iniziativa No Billag; vengono giù più abbondanti della neve in Leventina.

Gruppi, gruppuscoli e gruppetti (spesso e volentieri i referenti sono sempre i medesimi) fanno sentire la propria voce in un crescendo di isteria: il che ci dà la misura delle dimensioni della mangiatoia alimentata col canone, del numero dei greppianti e delle connivenze. Altro che servizio pubblico! L’iniziativa No Billag ha scoperchiato un vaso di Pandora.

La partitocrazia difende ad oltranza il canone radioTV non certo perché da esso dipendano le sorti della Svizzera: sostenere una tesi del genere equivale a prendere la gente per i fondelli, oltre che a rendersi ridicoli. Ci sono state, e ancora ci saranno, votazioni su temi molto, ma molto più importanti di questo. La partitocrazia si tira giù la pelle di dosso a difesa del canone più caro d’Europa perché esso serve a finanziare un suo centro di potere, di propaganda e di spartizione di cadreghe in base a criteri politici e dinastici.

Primaria importanza

La possibilità di servirsi del sovradimensionato carrozzone SSR per fare il lavaggio del cervello ai cittadini è di primaria importanza per l’establishment, che ultimamente non ne azzecca una. Tanto per fare un esempio: è appena stata lanciata l’iniziativa popolare contro la devastante libera circolazione delle persone (firmate tutti!). Quando si tratterà di andare alle urne sul tema, la casta spalancatrice di frontiere avrà bisogno di tutta la potenza di fuoco possibile per minacciare e ricattare il popolazzo. Non sia mai che quest’ultimo voti ancora  “sbagliato” come accaduto il 9 febbraio del 2014! Poter disporre della monopolista SSR per fare propaganda di regime a tappeto diventa fondamentale.

Il paravento

Il servizio pubblico, concetto politikamente korrettissimo con cui la partitocrazia si riempie la bocca per difendere il canone più caro d’Europa, è un paravento di comodo. Va bene per fare marketing politico-elettorale.  Peccato che la Posta da anni stia smantellando il servizio pubblico. Ma l’agitazione dei politicanti non è nemmeno lontanamente paragonabile. Chiaro: gli smantellamenti postali avvengono con la connivenza della partitocrazia, a cominciare dalla Doris uregiatta. “I tempi sono cambiati”, pontificano i “grandi statisti”. Ah ecco. E per la SSR, invece, il tempo non passa mai, nevvero? La rivoluzione digitale esiste solo per la Posta e non per l’emittente di regime? E come la mettiamo, signori politicanti, con il principio del “chi consuma paga” che da anni andate promuovendo, e di cui il canone è una sfacciata negazione? Contrordine compagni?

E che dire delle prese di posizioni delle associazioni dei consumatori, che altro non sono che delle succursali del P$$, le quali difendono ad oltranza l’obbligo dei cittadini di pagare 451 Fr all’anno per un servizio anche se non lo utilizzano affatto? Questa sarebbe difesa dei consumatori? Ma per cortesia. Qui si difende l’orticello degli amici e degli amici degli amici.

Furbetti del quartierino?

E’ poi alquanto penoso che uno degli argomenti principali degli esagitati avversari del No Billag (un’agitazione che ben tradisce la difesa di interessi personali) sia quello della famosa chiave di riparto, favorevole al Ticino. Ah bene. Quindi, secondo questi signori, i ticinesi che pagano il canone come tutti gli altri svizzeri (anzi in proporzione di più, visto che da noi grazie alla devastante libera circolazione delle persone promossa anche dalla SSR, precariato e povertà sono ben superiori rispetto al resto del paese e quindi il canone sul bilancio delle economie domestiche ha un peso maggiore) non dovrebbero ricevere lo stesso prodotto? Siamo cittadini di serie B? Asserire poi che il canone obbligatorio più caro d’Europa sia inattaccabile perché la somma globale che parte dal Ticino è superiore a quella che vi ritorna, significa fare sfoggio di un’imbarazzante mentalità del magna-magna (dalle tasche del contribuente: i soldi del canone non crescono sugli alberi). Una mentalità molto poco svizzera, da furbetti del quartierino, di cui sarebbe prudente non vantarsi troppo. Allo stesso modo, i megadirettori SSR da mezzo milione all’anno farebbero bene a smetterla di ripetere la fanfaluca del piano B che non esiste. Perché un direttore generale da 560mila Fr all’anno  che non ha un piano B semplicemente non è al suo posto e va quindi lasciato a casa subito. 

La RSI non chiude

La realtà è che né la SSR né la RSI chiuderanno i battenti in caso di accettazione dell’iniziativa No Billag. Queste sono balle di fra’ Luca. Panzane. Ricatti. Terrorismo pre-votazione. Come quando vent’anni fa la casta ci veniva a raccontare che, se la Svizzera avesse detto No allo SEE, ci saremmo trasformati nel Terzo mondo.

In caso di approvazione del No Billag, SSR e RSI  dovrebbero, evidentemente, riorganizzarsi e ridimensionarsi. Un processo che – per recente ammissione dello stesso direttore generale Marchand – è in ogni caso inevitabile, indipendentemente dall’esisto della votazione del 4 marzo.

Gonfiata come una rana

E’ forse il caso di ricordare che, senza l’iniziativa No Billag, nessuno si sarebbe sognato di abbassare temporaneamente il canone a 365 Fr e nessuno adesso parlerebbe di riorganizzazioni e di cure dimagranti. Che sono, evidentemente, necessarie: nel corso degli anni la TV di Stato si è gonfiata come una rana riempiendosi di doppioni, di orpelli inutili, di una pletora di livelli gerarchici che producono poco o nulla ma che costano parecchio. Per non parlare dei gruppi familiari assunti dall’emittente di regime, dei “cognomi illustri” che si installano e fanno carriera per meriti dinastici, e via elencando. Tutte distorsioni tipiche di un monopolio statale. Di una struttura che incassa risorse eccessive e sicure;  quindi si inventa il lavoro pur di  spenderle tutte. E come la mettiamo con la questione dei dipendenti SSR che non pagano il canone, perché glielo paghiamo noi? Tutte queste cosucce saltano fuori adesso, grazie all’iniziativa No Billag. Senza No Billag, si sarebbe andati avanti “come se niente fudesse”!

Senza No Billag…

Senza l’iniziativa No Billag non ci sarebbe nemmeno stato uno straccio di dibattito sul servizio pubblico radiotelevisivo nell’era digitale, sul suo contenuto e sui mezzi a disposizione per finanziarlo. La SSR da sola non si sogna di mettersi in discussione.  La partitocrazia del “pensiero unico” vuole il mammuth pagato dal contribuente per farsi campagna elettorale e per mantenere il potere. Già nel 2015 la SSR venne bocciata dalla metà degli svizzeri, e la RSI dalla maggioranza dei ticinesi. Cosa ha fatto l’emittente statale per correggere il tiro, per riconquistare il consenso della popolazione? Assolutamente nulla! Sicché, se l’iniziativa No Billag dovesse venire approvata dalle urne, i boss della SSR potranno solo recitare il “mea culpa”. E, ovviamente, rassegnare immediate dimissioni.

Lorenzo Quadri