La proposta non è spuntata come un fungo dopo il 13 febbraio: se ne parla da vari anni

Il voto dello scorso 13 febbraio scorso ha asfaltato – anche in Ticino – i sussidi alla stampa di regime. Ciò ha provocato le scomposte reazioni di stizza di chi, dopo aver strillato per mesi alla “democrazia in pericolo” ed aver praticato ai lettori il lavaggio del cervello pro-saccoccia, già si vedeva abbarbicato alla mammella pubblica come una cozza allo scoglio, ed è dovuto tornare alla realtà. Ma pure a Comano è scoppiato il panico.

Non certo perché alla TV di Stato fossero contenti di cedere una – invero irrisoria – ulteriore quota del canone alle emittenti private: una misura che tra l’altro nessuno contestava e quindi potrebbe venire riesumata in sede parlamentare. Ma perché la tranvata rimediata dal “pacchetto di aiuti ai media” dimostra che la gente comincia ad averne piene le scuffie di pagare sempre di più per i megafoni del pensiero unico mainstream (pro-UE, multikulti, spalancatore di frontiere, climatista, immigrazionista, tassaiolo, sovranofobo,…): quelli che spacciano la propaganda di parte (e di partito) per “informazione di qualità” e che censurano iniziative e notizie non allineate a detta propaganda.

Tema ancora vergine

E’ palese che anche la SSR rientra in tale categoria. E quindi a Comano (come a Berna) a qualcuno comincia a diventar fredda la camicia firmata, pensando all’annunciata iniziativa per la riduzione del canone Serafe a 200 Fr.

Detta iniziativa non spunta adesso come un fungo sull’onda del No alla nuova legge (ro$$overde) sui media. In realtà se ne parla dai tempi della bocciatura all’iniziativa No Billag (2018). Anzi, ancora da prima. In effetti, la “destra” avrebbe voluto sottoporre al popolo il canone a 200 Fr come controprogetto alla No Billag. Opzione che parlamento ha “ovviamente” rifiutato: il canone dimezzato “rischiava” di venire approvato alle urne! Dal punto di vista democratico, il canone a 200 Fr è dunque ancora “vergine”: su di esso, il popolo non si è mai pronunciato.

Inoltre, le promesse fatte dall’emittente di regime dopo la bocciatura del No Billag sono state completamente disattese. Per infinocchiare i votanti e convincerli ad affossare la “criminale” iniziativa, la SSR aveva spergiurato che, se i cittadini le avessero dato fiducia, si sarebbe emendata.  Invece ha fatto proprio l’esatto contrario. Passata la festa, gabbato lo santo e buggerato l’elettore!

Scampato il pericolo alle urne, la Pravda di Comano si è infatti abbandonata ad un delirio di impunità e di onnipotenza. L’indottrinamento ro$$overde propinato quale “informazione di servizio pubblico” si è fatto ancora più sfacciato.

Vista la situazione, non è certo strano che a Comano abbiano la coda di paglia. Infatti sono già andati nel pallone davanti ad un’iniziativa, quella per il canone a 200 Fr, che non solo non ha ancora raccolto una firma ma, a quanto ne sappiamo, per il momento nemmeno ha un testo.

Balle ro$$e

Anche i soldatini della gauche-caviar sono in agitazione. In sprezzo del ridicolo, hanno avuto la tolla di sostenere che il popolo sull’iniziativa per il canone a 200 Fr avrebbe già votato, ai tempi No Billag: una balla clamorosa, perché tra l’abolizione del canone e la sua riduzione di 160 Fr all’anno c’è una differenza abissale.

Proprio i $inistrati, che pretendono di rifare le votazioni popolari ad oltranza finché non ottengono il risultato sperato, e che mai una volta rispettano il responso delle urne se non è quello da loro voluto, si permettono adesso di evocare a sbalzo una volontà popolare… che mai è stata espressa?

Siluri uregiatti

A mandare ulteriormente in palla i vertici della ro$$a SSR, le esternazioni del presidente nazionale del “Centro” Gerhard Pfister, il quale nelle scorse settimane – prima via social, poi in un’intervista – si è scagliato contro gli “stipendi vergognosi” dei dirigenti della TV di Stato e l’offerta web spropositata.

Sugli “stipendi vergognosi” il buon Pfister ha ragione. Al proposito dovrebbe però cominciare a coordinarsi con i “suoi”, visto che il presidente del CdA della SSR è l’ex Consigliere di Stato uregiatto del Canton Vallese Jean-Michel Cina, mentre quello della CORSI è il parimenti ex CdS uregiatto Gigio Pedrazzini.

Per quel che riguarda l’offerta web: ma buongiorno! Con il suo portale online la SSR fa concorrenza sleale ai privati, dal momento che l’emittente di regime beneficia del canone più caro d’Europa mentre i privati no. Il Mattino e la Lega questo concetto lo ribadiscono da anni. Ma naturalmente erano tutte balle populiste e razziste.

Da notare che il partito $ocialista, sedicente paladino della stampa cartacea (ma solo di quella che piace a lui) sogna di rafforzare ulteriormente il monopolio della SSR dandole più soldi (ancora?) e permettendole di rastrellare pubblicità anche per l’offerta online (cosa al momento vietata). Ciò equivarrebbe ad una vera razzia del mercato a danno di tutti gli altri media. Il P$ come Robin Hood al contrario! Schierato dalla parte del monopolista, perché è ro$$o! Altro che difendere la “pluralità”! I kompagni vorrebbero trasformare il panorama mediatico svizzero in quello dell’Unione sovietica!

Un indicatore

Il lancio dell’iniziativa per il canone a 200 Fr è un atto dovuto, indipendentemente dall’esito della votazione del 13 febbraio. L’asfaltatura della nuova legge sui media è semmai un indicatore. Essa segnala che strillare alla “democrazia in pericolo” e sciacquarsi ipocritamente la bocca con la presunta “pluralità” non basta più per fare fesso il popolazzo.

Lorenzo Quadri