E’ ora di finalmente ridimensionare un’amministrazione pubblica gonfiata come una rana

E’ chiaro che, con un disavanzo di 225 milioni, il compromesso-calata di braghe con cui il governicchio pensava di mantenere i privilegi pensionistici degli statali è morto e sepolto

Ma guarda un po’: la previsione (facile) del Mattino si è avverata. Il preconsuntivo cantonale 2023 indica infatti un disavanzo di quasi 225 milioni di franchi.  E’ il più pesante degli ultimi 20 anni, visto che per trovare un dato peggiore bisogna risalire al 2004.

A preventivo figurava, come noto, un deficit di 80 milioni. Questo però in previsione dell’arrivo del versamento di 137 milioni della Banca nazionale. Che però non c’è stato. E lo si sapeva benissimo: le predite stellari della BNS erano note da tempo. Però i 137 milioni sono stati comunque infilati nel preventivo.

E non è  tutto: 137 più 80 fa 217 e non 225: c’è dunque un ulteriore peggioramento di 8 milioni di franchi. Tanto per non farsi mancare niente.

Illusioni ottiche

Le cifre confermano che la spesa pubblica ticinese continua a crescere senza controllo. Attestano pure la leggerezza (chiamiamola così) del governicchio che, per migliorare preventivi e consuntivi, si affida ad un elemento aleatorio come i contributi della BNS, che potrebbero anche non arrivare (cosa che è infatti accaduta).

Così facendo si dà l’impressione che i conti siano più in ordine (molto più in ordine) della realtà e quindi… avanti con le spese allegre!

In considerazione di quanto sopra, le cifre del preconsuntivo 2023  non sono certo sorprendenti. Eppure il governicchio – direttore PLR del DFE in primis – sembra essere rimasto alla finestra. Di contromisure non se ne sono viste. Al massimo qualche operazione cosmetica. Come mai questo attendismo? Qualcuno aveva forse paura di prendere decisioni “difficili” prima delle elezioni? E intanto si lascia precipitare la situazione per i propri interessi di bottega partitica?

Primi punti

E’ lapalissiano che, con 225 milioni di disavanzo annunciato, il Cantone dovrà RISPARMIARE. Per prima cosa occorrerà intervenire sull’amministrazione pubblica gonfiata come una rana, sui sussidi agli stranieri (in particolare asilanti e permessi B) e sulla cultura senza pubblico.

Il budget annuale del Cantone supera i 4 miliardi di franchi. Risparmiare 200 milioni non pare dunque un’impresa impossibile. Va però considerato (approssimando) che il solo personale cantonale costa un miliardo, e che le uscite del DSS ammontano alla stessa cifra.

E’ quindi ovvio che a questi due capitoli occorre intervenire! Anche nella spesa sociale dovrà valere il principio del “Prima i nostri”.

Tanto per chiarire

A proposito dell’amministrazione cantonale gonfiata come una rana e che si inventa il lavoro per giustificare la propria esistenza, non vogliamo continuare a ripeterci. Una cosa deve tuttavia essere chiarissima: con un buco da 225 milioni, è improponibile pensare di spenderne altri 14 all’anno e all’infinito (in 30 anni fanno mezzo miliardo, in cento 1.4 miliardi) per mantenere i privilegi pensionistici degli statali. L’accordo in tal senso tra i sindacati ed il governicchio – il quale ha aspettato che passassero le elezioni per calare le braghe davanti all’amministrazione – è pertanto morto e sepolto in partenza. E non c’è manifestazione o sciopero degli statali che tenga.

Cattivi esempi

Anche il centro$inistra nel parlatoio cantonale dovrà piantarla di pompare lo Stato con sempre nuovi compiti, spesso e volentieri improntati all’elargizione di sussidi a pioggia (con i soldi degli altri) mirati a creare quella società dei sussidiati che tanto piace ai ro$$overdi. E ribadiamo: i ticinesi in difficoltà non si toccano, dati gli ampi margini di risparmio che esistono sulle prestazioni sociali a stranieri, sull’amministrazione cantonale e sulla cultura autoreferenziale!

Apprendiamo inoltre che per fine mese è attesa “la presentazione dell’analisi di un ente esterno sul confronto della spesa pubblica del Cantone con quella di altri Cantoni e della Confederazione”. Sugli altri Cantoni non sappiamo dire; ma la Confederella, per quel che riguarda i costi dell’amministrazione pubblica,  non è di certo un esempio virtuoso! Negli ultimi 15 anni, il numero degli impiegati federali è cresciuto da 32mila a 38 mila; il loro costo è passato da meno di cinque a sei miliardi di franchetti annui. E, nello stesso periodo, lo stipendio annuale medio è aumentato di quasi 17mila franchi, raggiungendo i 126mila franchi  (nel privato è di 89mila). Apperò! Aggiungiamo che in totale (tra Cantoni e Confederazione) in Svizzera ci sono quasi un milione di dipendenti pubblici (950mila) il che equivale al 23% della forza lavoro complessiva del Paese. Qui siamo ai livelli dell’ex DDR! Negli ultimi 10 anni, l’occupazione nelle amministrazioni pubbliche è cresciuto del 13%, mentre nel privato solo dell’8%.

Non vorremmo quindi che il paragone con la Confederella venisse sfruttato per giustificare l’ingiustificabile spesa cantonale, all’insegna del “così fan tutte”: equivarrebbe a prendere i cittadini per il lato B.

Lorenzo Quadri