Come c’era da aspettarsi, entrambe le camere del parlamento hanno detto No al ritorno dei controlli sistematici al confine. Sembrava giusto: mentre gli altri paesi europei sospendono l’applicazione dei fallimentari accordi di Schengen, mentre c’è chi decreta lo stop all’arrivo di nuovi migranti economici, non solo la Svizzera mantiene le frontiere spalancate come se il caos asilo non esistesse, ma addirittura si rende più attrattiva per i finti rifugiati accordando a tutti l’avvocato pagato dal contribuente. Questa bella innovazione è prevista nell’ultima riforma dell’asilo. Contro di essa è stato lanciato il referendum: se non l’avete ancora fatto, firmate ritagliate e spedite il formulario che trovate a pag 28!
Anche il presidente nazionale del PLR Philipp Müller ha dichiarato che la kompagna Sommaruga non sta facendo nulla per evitare una deleteria escalation nel settore dell’asilo. Del resto i segnali in questa direzione non mancano. Di recente la conferenza dei direttori cantonali dell’azione sociale ha detto che le capacità d’accoglienza dei Cantoni sono al limite. E’ poi chiaro che, da un giorno all’altro, la Svizzera si potrebbe trovare confrontata con migliaia di migranti economici ammassati ai confini, visto che continua a rifiutarsi di diminuire la propria attrattività. Infatti, non solo non si vogliono reinserire i controlli sistematici alle frontiere, ma nemmeno fare quel che fa una bella fetta di paesi UE, ossia sospendere Schengen.
Conquista di che?
Interessante la scusa addotta da Sommaruga e compagnia per non cambiare di una virgola la linea delle frontiere spalancate: “controllare tutti non è possibile e non si faceva neanche prima dell’adesione a Schengen”. A parte che una bella barriera in stile ungherese sul confine con l’Italia risolverebbe anche questo problema: visto che non si può controllare tutti, allora non si controlla nessuno? Ciò che si rifiuta pervicacemente, per motivi ideologici, è di fare un passo indietro nella deleteria politica delle frontiere spalancate. In particolare, non si vogliono in alcun modo sconfessare gli accordi di Schengen perché essi sarebbero “una conquista”. Su cosa si sarebbe “conquistato”, oltre a costi 14 volte maggiori di quelli preventivati e all’esplosione della criminalità transfrontaliera, però, nessuno del clan politikamente korretto è in grado di dare delle risposte. Semplicemente, gli accordi di Schengen per certuni sono una conquista per il semplice fatto che sono antisvizzeri.
La performance
Nel dibattito in Consiglio nazionale va poi segnalata la performance di una giovane neo-deputata verde la quale, durante la “sessione straordinaria” sull’asilo, ha dichiarato che l’Europa – in primo luogo la Svizzera – deve spalancare le frontiere ai migranti economici, che bisogna reintrodurre la possibilità di depositare una domanda d’asilo in ambasciata (abolita nel 2012 con tanto di votazione popolare, ma a $inistra la volontà del popolo non conta), che bisogna abolire gli obblighi di riprendersi gli asilanti derivanti dagli accordi di Dublino, per poi raggiungere il climax con la seguente dichiarazione: “30mila arrivi in un anno sono niente”. Beh, allora la signora può cominciare ad ospitare qualche decina di migranti in casa propria. Naturalmente ci si dimentica di dire che la Svizzera (populista e razzista, chiusa e gretta) è il paese che accoglie più asilanti. E, con tutta probabilità, anche quello che li tratta meglio.
Ammissione definitiva
Il dibattito parlamentare sull’asilo ha inoltre permesso di sentire, dalla viva voce della kompagna Sommaruga, che “ammissione provvisoria” significa in realtà “ammissione definitiva”. L’asilante che non è minacciato singolarmente per le proprie posizioni politiche, ma che non può essere rimandato nel suo paese d’origine (perché è in guerra) viene ammesso provvisoriamente e quindi ha il diritto di rimanere in Svizzera. Con l’obbligo, però, di partire quando nel suo paese è tornata la pace. Ma poi – ha spiegato la ministra di Giustizia – “passano gli anni, le persone si sposano, fanno bambini che vanno a scuola qui e si sa come vanno queste cose…”. Sì, si sa esattamente come vanno queste cose: restano tutti in Svizzera, e, per oltre l’80% dei casi, a carico dell’assistenza.
Lorenzo Quadri