Dopo la cappellata del triciclo PLR-PPD-P$ in governicchio, tentano pure di farci fessi?
Intanto è ormai assodato che il Belpaese non ratificherà mai i nuovi accordi che aumentano le tasse per i frontalieri
Come volevasi dimostrare! Il triciclo PLR-PPD-P$ in Consiglio di Stato – vale a dire i “ministri” Vitta, Beltraminelli e Bertoli – ha rottamato il casellario giudiziale, prendendo a pesci in faccia la volontà popolare (oltre 12mila firme pro-casellario) e parlamentare (ben due iniziative cantonali ticinesi inviate a Berna).
L’efficacia della richiesta del casellario sotto il profilo della sicurezza interna è fuori discussione: essa ha infatti permesso di sventare l’arrivo in Ticino di 64 delinquenti pericolosi. Senza contare tutti quelli che, sapendo che avrebbero dovuto presentare la “fedina”, hanno rinunciato a chiedere un permesso B o G. Questi, evidentemente, non figurano su alcuna statistica.
Indicazioni chiarissime
Eppure i Consiglieri di Stato di PLR, PPD e P$ hanno calato le braghe, cedendo alle pressioni in arrivo da Berna. In questo modo, lor$ignori pretendono di aver levato l’ostacolo (?) alla ratifica da parte del Belpaese dei nuovi accordi fiscali sui frontalieri. A parte che gli accordi in questione non sono poi così interessanti per il Ticino quindi non è il caso di mitizzarli, “gli è che”, malgrado la geniale decisione del governo cantonale, sono giunti dall’Italia, da parte di tutte le cerchie interessate, indicazioni chiarissime ed univoche: la ratifica del famoso accordo sulla fiscalità dei frontalieri non si farà mai. Nel Belpaese tutte le parti coinvolte si sono espresse contro la ratifica del nuovo accordo che aumenterebbe le tasse ai frontalieri: i rappresentanti dei frontalieri (ovviamente), ma anche assessori regionali lombardi nonché deputati a Roma.
Nessun vantaggio
E’ quindi chiaro anche quello che mena il gesso che la rottamazione del casellario giudiziale non ci porterà alcun vantaggio. Si spera che almeno i cittadini ticinesi abbiano imparato la lezione. Del triciclo PLR-PPD-P$ non ci si può fidare. I suoi ministri sono infatti soldatini dei Consiglieri federali. E la posizione di questi ultimi a proposito del Ticino è noto: trattasi di quantité négligeable. E’ quindi sacrificabile – anzi, è già stato sacrificato – sull’altare del presunto “bene supremo”: la devastante libera circolazione delle persone.
Il flop di ECRIS
Lunedì in Consiglio nazionale è passato senza votazione il postulato della Commissione delle Istituzioni politiche (CIP) che chiede al governo di valutare l’adesione della Svizzera al sistema ECRIS (European Criminal Records Information System). Si tratta di una piattaforma di scambio di informazioni tra Stati membri sui precedenti penali di cittadini UE. La votazione non c’è stata perché il Consiglio federale era d’accordo con il postulato e quest’ultimo era sostenuto dalla Commissione senza alcuna voce contraria. Questa unanimità è assai sospetta. Di più: è un chiaro indicatore che ECRIS è un bidone. Al di là dei costi e della tempistica dell’eventuale adesione, ci sono serissimi sospetti sul fatto che tale sistema consenta di chiedere sistematicamente i precedenti penali (aggiornati) di chi aspira a trasferirsi in Svizzera.
Del resto, se ECRIS fosse davvero, come qualcuno vorrebbe far credere, l’equivalente del casellario giudiziale, perché quelli che prima starnazzavano alla violazione degli accordi sulla libera circolazione adesso starebbero zitti?
Manca una parte
A ciò si aggiunge che le iniziative cantonali ticinesi, a cui il postulato per l’adesione all’ECRIS pretenderebbe di dare evasione, prevedevano anche che il Consiglio federale rinegoziasse gli accordi con gli eurofalliti in modo che la richiesta sistematica del casellario giudiziale fosse consentita (una modifica in questo senso sarebbe peraltro di evidente interesse anche per i paesi UE). Ebbene, nel postulato approvato al Nazionale di questo fondamentale aspetto non c’è traccia.
Sicché, diciamo le cose come stanno. ECRIS non è un’alternativa al casellario. Al massimo potrà essere un cerotto sulla gamba di legno.
Lorenzo Quadri