Il referendum è garantito contro qualsiasi iniezione di denaro pubblico nell’IPCT
Che il governicchio non si sogni di accettare misure di compensazione alla riduzione del tasso di conversione
Qualcuno forse non è bene in chiaro. Nei giorni scorsi sono apparse sui media le lamentele del direttore della Cassa pensioni del Cantone (IPCT) il quale “ovviamente” paventa scenari apocalittici per il 2022 con l’obiettivo di mungere soldi ai contribuenti. Questo malgrado il 2021 sia stato un anno positivo per l’ICPT.
I due temi sollevati sono l’anticipo di 700 milioni di franchetti votato dal Gran Consiglio in aprile per il risanamento dell’Istituto previdenziale cantonale e la prospettata riduzione del tasso di conversione.
Ricordiamo per l’ennesima volta che nel 2012 il contribuente ticinese ha già dovuto partecipare al risanamento della Cassa pensioni cantonale con ben mezzo miliardo a fondo perso. Il governicchio cantonale, a partire dal DFE targato PLR, intendeva fare il bis con un’ulteriore estorsione del medesimo ammontare. Grazie al Mattino ed alla Lega che hanno promesso il referendum, la nuova rapina non è andata in porto. Il parlatoio cantonale ha dunque votato la soluzione alternativa Guerra-Pamini: il prestito di 700 milioni senza costi per il datore di lavoro ossia per i cittadini. Eppure il direttore dell’IPCT ancora piange miseria: “Questa soluzione – si lagna – sta mostrando i suoi limiti (?); ci aiuterà un po’ sul lungo termine in teoria (?), ma allo stesso tempo ha trasferito tutti rischi d’investimento sull’IPCT”. Embè? Chi li avrebbe dovuti sopportare questi rischi? Forse il solito sfigato contribuente?
Ve la diamo noi la compensazione!
Altro motivo di piagnistei è la riduzione del tasso di conversione. Quello attualmente in vigore presso la Cassa pensioni cantonale è del 6.17%: non sta più né in cielo né in terra, a fronte di un tasso tecnico dell’1.5%. Andrà dunque ridotto al 5% circa. Che è poi il tasso applicato da tutti gli altri istituti previdenziali. Ma pure a questo capitolo il direttore IPCT tenta di mungere soldi pubblici ed annuncia: “Con il Consiglio di Stato stiamo esaminando possibili misure di compensazione” ovviamente pagate dal contribuente!
Il direttore conclude poi la giaculatoria protestando che l’Istituto previdenziale cantonale non è più “La Rolls Royce delle casse pensioni” (cit. Dick Marty).
Magari adesso non lo è più (?); ma di sicuro lo è stata per decenni con i soldi del contribuente! Chi ha fatto la cicala ad oltranza con la complicità della partitocrazia, la quale non ha mai voluto prendere veramente in mano la situazione per paura di perdere i voti degli statali, non si sogni di poter venire ancora una volta a battere cassa!
Ripetiamo il concetto
I cittadini hanno già dovuto contribuire al risanamento delle loro, di casse pensioni. Con l’esplosione dei costi dell’energia e le conseguenze delle sanzioni-boomerang alla Russia, ci saranno imprese che finiranno a gambe all’aria. Nel primo semestre dell’anno si è vista l’impennata dei fallimenti aziendali a causa della fine degli aiuti covid. Di conseguenza, tanti ticinesi perderanno l’impiego. E però qualcuno pretende che contribuiscano al mantenimento dei privilegi pensionistici degli statali col posto di lavoro ed il lauto stipendio assicurati a vita? Ma anche no!
Quindi, ribadiamo per l’ennesima volta:
- Il referendum è garantito contro qualsiasi nuova iniezione di soldi del contribuente nell’ICPT.
- Il referendum è parimenti garantito contro qualsiasi decisione di compensare la riduzione del tasso di conversione ICPT dal 6.17% al 5% con danaro pubblico nel caso la partitocrazia ($inistra tassaiola in primis) accarezzasse la malsana idea di procedere in tal senso.
E’ chiaro il messaggio, o ci vuole un disegno?
Se la cassa pensioni degli statali non ha soldi, comincerà a tagliare su alcuni diritti acquisiti anacronistici. A partire da quelli che la politichetta ha voluto mantenere nel 2012.
Lorenzo Quadri