NO all’ulteriore mezzo miliardo per finanziare i privilegi pensionistici dei funzionari

La richiesta era già insostenibile prima della crisi economica da stramaledetto virus cinese. Figuriamoci adesso!

Ma guarda un po’, nei giorni scorsi è stato reso noto chi sarà, a partire da  agosto, il nuovo direttore della cassa pensioni dei dipendenti dello Stato. Si tratta del kompagno Daniele Rotanzi, rappresentante del P$ ticinese negli organi del partito nazionale.

Al proposito, ci sovviene che con la cassa pensioni è sempre aperta una questioncella non irrilevante.

In gennaio il governicchio  ha infatti licenziato il messaggio con la pretesa di un nuovo credito da mezzo miliardo per risanare i conti dell’istituto previdenziale cantonale. Si tratta del secondo credito di questa gigantesca entità che viene richiesto nel giro di sette anni (mica settanta!) sempre per il medesimo scopo. E  “naturalmente” ogni richiesta doveva essere l’ultima. Già nel 2012 la Lega – per bocca del compianto Attilio “ConteZio” Bignasca – si espresse in modo assai critico sul credito. Pensare adesso di fare il bis è del tutto insostenibile. Ed il fatto che il nuovo direttore della cassa pensioni sia un esponente del P$ non lascia certo presagire dei passi indietro nella pretesa di mungere soldi pubblici come se non ci fosse un domani. I soldi pubblici, però, non crescono sugli alberi. Vengono prelevati dalle tasche del solito sfigato contribuente.

Stop privilegi

E’ evidente che di votare un miliardo (!) nel giro di sette anni per mantenere i privilegi pensionistici degli statali non se ne parla proprio. Già non se ne parlava prima dell’emergenza da stramaledetto virus cinese. Ancora meno se ne parla adesso! Va bene l’analfabetismo economico imperante, ma qualche politicante si rende ancora conto di cosa significhi UN MILIARDO per il Ticino?

Visto che la pandemia da covid – con cui ci siamo impestati per colpa delle frontiere spalancate sulla Lombardia – sta già provocando, e continuerà a provocare, una crisi economica di proporzioni enormi, è evidente che di soldi per foraggiare situazioni di privilegio dei dipendenti pubblici non ce ne saranno più. E’ poi il caso di ricordare che gli statali che durante il lockdown non potevano lavorare (neanche col telelavoro) sono rimasti a casa a stipendio pieno; invece chi, occupato nel privato, si è trovato nella stessa situazione, è stato messo in disoccupazione parziale e quindi ha perso il 20% della paga. Cosa ancora più importante: mentre tra chi lavora nel privato la disoccupazione è destinata ad esplodere – perfino gli studi farlocchi della SECO annunciano un raddoppio dei senza lavoro – gli statali continueranno a beneficiare del posto garantito a vita.

E non è ancora finita. A giustificazione delle nuove richieste di risanamento della casa pensioni del Cantone, viene sciorinata la solita manfrina dei mercati finanziari che non permettono di garantire le rendite e blablabla. Peccato che questo sia un problema che riguarda tutte le casse pensioni, mica solo quella dei dipendenti dello Stato! E peccato pure che il contribuente che lavora nel privato, oltre a non disporre dell’impiego garantito e degli altri privilegi, debba già pagare il risanamento della propria, di cassa pensioni. E adesso si pretende che finanzi pure – con le sue imposte –  la preservazione dei privilegi pensionistici dei funzionari pubblici? Ma anche no!

A proposito, quanti quadri dell’amministrazione pubblica sono andati in pensione a 58 anni con rendite stellari grazie al primato delle prestazioni, mantenuto ad oltranza?

Referendum garantito

Certe situazioni di privilegio del funzionariato pubblico stridevano già prima della crisi provocata dal virus cinese. Adesso sono diventate improponibili. Nei prossimi anni, i soldi dei contribuenti dovranno servire per sostenere i cittadini e l’economia ticinese. Oppure ci sono lavoratori di serie A (statali) garantiti su tutto, ed altri di serie B (privati) che, oltre a non disporre di alcuna garanzia, devono pagare per perpetrare quelle dei lavoratori di serie A?

Il Consiglio di Stato dovrebbe a questo punto avere il buon senso di ritirare il messaggio per il nuovo credito di 500 milioni per l’istituto previdenziale cantonale. Se non lo farà, e se nemmeno la partitocrazia in Gran Consiglio avrà il buon senso di respingere una richiesta diventata del tutto anacronistica, il referendum leghista – come già più volte annunciato – è garantito.

 

Lorenzo Quadri