Adesso che l’assicuratore si è deciso a pagare, cosa resterà dei roboanti proclami?

La vicenda del medicamento antitumorale riconosciuto solo dopo l’esplosione del caso mediatico evidenzia per l’ennesima volta le falle di un sistema fallimentare. Che fine ha fatto la cassa malati pubblica intercantonale? Dispersa nelle nebbie?

E davvero non è più possibile aiutare senza poi correre subito dopo ad urlarlo in piazza?

Ha suscitato legittima indignazione il rifiuto di una “misteriosa” cassa malati (nessuno ha voluto farne il nome) di pagare un farmaco antitumorale ad un ragazzo di 12 anni in quanto il medicamento, prescritto per evitare una recidiva, non risulta omologato in Svizzera (ma in altri paesi a noi vicini sì). Non si tratta dunque di una medicina farlocca, bensì di una che funziona.

Il colmo è che, come noto, l’assicurazione malattia sarebbe invece pronta a pagare una chemioterapia, molto più costosa ed invasiva. Assurdità totale, dunque.

Ma alla partitocrazia, ed in particolare a PLR e PPD, lo strapotere politico delle casse malati è sempre andato bene. Al punto da eleggere addirittura un cassamalataro in Consiglio federale. Per cui fa un po’ specie vedere i soldatini di questi due partiti mettersi in mostra senza ritegno per cavalcare il caso mediatico scoppiato attorno al 12enne.

Peggio di Bertoldo

Le casse malati ed i loro strapagati manager continuano a farne peggio di Bertoldo. Eppure la maggioranza politica si è sempre opposta alla creazione di una cassa malati pubblica. Che certo non risolverebbe tutti i problemi. Però permetterebbe di uscire da certe logiche sedicenti “manageriali” e permetterebbe di contenere i costi amministrativi (meno dirigenti strapagati). Per ridurre i premi di un’ipotetica cassa pubblica si potrebbe utilizzare una parte degli utili della Banca nazionale (si tratta infatti di soldi di proprietà dei cittadini).

Due bocciature popolari

A livello federale la cassa malati pubblica è stata bocciata due volte in votazione popolare. Se questa porta sarà difficile da riaprire, non significa che non ne esistano altre. C’è ad esempio l’ipotesi della creazione di casse pubbliche intercantonali. In alcuni Cantoni romandi se ne parla da tempo. In Ticino, invece, il tema pare disperso nelle nebbie. Eppure, lo sappiamo bene, il nostro è tra i cantoni più colpiti dai salassi dei cassamalatari. Non solo, ma i ticinesi da un ventennio pagano premi di assicurazione malattia gonfiati: e quando si è trattato di restituire, sono arrivate indietro le  briciole. I correttivi apportati al sistema sono inadeguati, sicché l’alleggerimento indebito delle nostre tasche continua.

Ticino inattivo

L’inattività del nostro Cantone sul fronte assicurazione malattia lascia di stucco. Ogni anno i vertici del DSS, all’annuncio dell’ennesimo aumento di premio – e a suon di crescite del 4% per volta, la cifra lievita  – emettono qualche flebile borbottìo di protesta. Più per la forma che per altro, e magari pure relativizzando (per la serie: “poteva andarci peggio”). Dopodiché, il silenzio fino all’anno successivo, quando viene riproposto lo stesso desolante copione. E’ ovvio che il Ticino non è in prima fila nel battagliare contro le storture del sistema attuale. Malgrado ne paghi pesantemente lo scotto. Come mai?

Centro di competenza smantellato

Inoltre, una decina di anni fa (correva ancora l’era Pesenti), il Consiglio di Stato ebbe la bella idea di smantellare l’Ufficio assicurazione malattia, creato nel 1992. I suoi compiti vennero diluiti tra la Divisione della salute pubblica e l’Istituto delle assicurazioni sociali. Il che equivalse a privarsi di un centro di competenza specifico in un problema cruciale per i ticinesi.

E soprattutto, non dimentichiamo che il triciclo PLR-PPD-P$ – sì, anche il P$, malgrado a livello federale sostenga la cassa malati pubblica – nel 2003 impedì ai cittadini ticinesi di votaresull’iniziativa popolare della Lega che chiedeva la creazione di una cassa malati cantonale.

Chiaro: all’odiata Lega non bisogna mai dare ragione. Piuttosto ci si spara a mitraglia nei gioielli di famiglia. Vero kompagni?

Beneficienza urlata

La vicenda del 12enne affetto da sarcoma a cui l’assicurazione malattia non vuole pagare il farmaco, potrebbe dare uno scossone all’apatia imperante davanti ai furti dei cassamalatari? Purtroppo c’è da dubitarne. La vicenda ha dato il via ad una grande manifestazione di solidarietà. L’associazione  “Quii da la cursa” ha lanciato una colletta che in breve tempo ha permesso di raccogliere molti più soldi di quelli necessari. Un’iniziativa ammirevole, peccato poi che due dei promotori, guarda caso deputati in Gran Consiglio PPD e P$, abbiano avuto la brutta idea di cavalcarla per farsi campagna elettorale, mandando alla misteriosa cassa malati una lettera aperta dai toni ridicolmente minatori.

Davvero non è più possibile aiutare senza poi correre ad urlarlo in piazza?

Passata la festa…

Inutile dire che la partitocrazia ha fatto a gara nel saltare sul carro della beneficienza “sotto i riflettori”. E sinceramente vedere orde di politicanti in fregola di visibilità servirsi di un ragazzino malato per farsi campagna elettorale non è un bello spettacolo. Stesso discorso per il quotidiano radiko$ocialista LaRegione che ne approfitta per galoppinare senza ritegno la consigliera nazionale di riferimento, ovvero la kompagna Marina Carobbio, con tanto di gigantografia in prima pagina ed articolone all’interno. Eh già: l’autunno del 2019 (elezioni federali) si avvicina, per cui meglio cominciare a mettere fieno in cascina!

Adesso che “l’allarme” è rientrato perché la cassa malati ha deciso di coprire i costi del farmaco antitumorale (alle buon’ora!) una domanda “nasce spontanea”: cosa resterà di tutto questo? La facile previsione è che non resterà nulla. Si assisterà al rientro collettivo nei ranghi. Tutto andrà avanti come prima. Aumenti dei premi compresi. Nell’attesa del nuovo carro mediatico su cui fiondarsi.

Lorenzo Quadri