Però noi bandiamo l’atomo, inguaiandoci da soli. Specie dopo il Sì alla disastrosa LOCli

Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere: è notizia di questi giorni che la Francia costruirà, da qui al 2035, due nuovi reattori nucleari a poche decine di chilometri dal confine svizzero. Il presidente Macron, durante la campagna elettorale, aveva annunciato l’edificazione di tre nuove centrali atomiche, indicando già due siti. Adesso è arrivata la scelta del terzo, che ospiterà appunto due reattori, molto potenti, di ultima generazione. L’ubicazione designata è il dipartimento dell’Ain, a circa 70 km in linea d’aria da Ginevra.

Proprio un bell’affare!

La situazione è grottesca. Per colpa della Doris uregiatta, ai tempidirettora del DATEC, la Svizzera nel 2017 ha sciaguratamente deciso l’uscita dal nucleare, che attualmente ci fornisce circa il 30% della corrente elettrica che consumiamo, e senza produrreCO2. Al popolazzo venne praticato il lavaggio del cervello con “fake news”, poi clamorosamente smentite dagli eventi. Ad esempio, si raccontò che, atomo o meno, né in Svizzera né nella DisUnione europea sarebbero mai sussistite difficoltà di approvvigionamento elettrico. Oggi sappiamo che è tutto il contrario.

L’aumentata dipendenza dall’UE a seguito dell’abbandono del nucleare, poi, veniva presentata come un non problema. Ma è invece evidente che accrescere la dipendenza da Bruxelles per le forniture di corrente equivale a rendere la Svizzera ricattabile su un bene di prima necessità. Per ottenere (a caro prezzo) elettricitàeuropea, Berna dovrà cedere sovranità. Proprio un bell’affare!

Fa ridere i polli che la Svizzera esca dal nucleare se poi la Francia costruisce le sue centrali a ridosso del nostro confine! E non saranno nemmeno le ultime: la stessa UE, in un raro sprazzo di lucidità (o piuttosto: in virtù degli interessi di Stati membri importanti) considera l’atomo come parte della strategia di “decarbonizzazione”.

Approvvigionamento a rischio

Lo scorso 18 giugno è stata purtroppo approvata in votazione popolare la sciagurata LOCli, detta anche “legge divoratrice di elettricità”.

A sostegno di questa legge grondante ideologia ro$$overde erano schierate la partitocrazia compatta (ennesima dimostrazione che il “centro” PLR-PPD è ormai diventato una succursale della $inistra) e la stampa di regime. Solo Lega ed Udc (tra le forze politiche) ed il Mattino (tra i media) erano contrari.

Addirittura, all’indomani del Sì popolare, il Corriere del Ticino, quotidiano del PLR, ha pubblicato un incredibile editoriale in cui sosteneva che è giusto che la Svizzera – la quale produce meno dell’uno per MILLE della CO2 globale – si spari da sola nei gioielli di famiglia approvando leggi climatiche tafazziane: perché noi ricchi (?) svizzerotti “dobbiamo dare l’esempio”. Ma si possono scrivere simili fonchiate?

La LOCli mette in pericolo l’approvvigionamento energetico decretando di fatto un divieto di combustibili fossili, che forniscono il 60% dell’energia che consumiamo attualmente. E, non ancora contenti, dovremmo pure uscire dal nucleare? Ma anche no!

Alla faccia della coerenza

Le contraddizioni della partitocrazia non potrebbero essere più clamorose.

Da un lato essa denuncia, con toni apocalittici, la penuria energetica: lo scorso autunno il presidente della ElCom (Commissione federale per l’energia elettrica) raccomandava di fare scorta di candele e di legna da ardere per l’inverno, mentre la kompagna Simonetta “Penuria” Sommaruga ridicolizzava la Svizzera a livello internazionale raccomandando di fare la doccia in due per risparmiare sul riscaldamento; ma anche per la stagione fredda  2023-2024 la Confederella già suona l’allarme blackout.

Dall’altro, sempre la partitocrazia aggrava di proposito la paventata penuria, rinunciando per motivi ideologici all’atomo e ad al petrolio. Vettori che mai e poi mai potranno essere compensati con il solare o l’eolico. Tanto più che i Verdi adesso si oppongono pure alla realizzazione dei grandi impianti solari di montagna.

Penuria autoindotta

E’ inaudito che un paese industrializzato, prospero (rispetto ad altri…) ed innovativo come la Svizzera si metta da solo (!) nelle condizioni di non disporre dell’energia sufficiente per la propria popolazione e la propria economia.

Per un simile disastro ci sono dei responsabili: la partitocrazia imbesuita dal climatismo e la stampa di regime che le tiene su la coda, bombardando quotidianamente i cittadini con “allarmi”farlocchi (allarme se fa caldo, allarme se fa freddo, allarme se piove, allarme se non piove). Il terrorismo mediatico ed ansiogeno serve a spianare la strada a politiche balorde che, senza preventivolavaggio del cervello, la popolazione mai accetterebbe. E, ma tu guarda i casi della vita, grazie a queste politiche certe lobby economiche legate a doppio filo con la partitocrazia si fanno gli zebedei di platino. Anche con i sussidi finanziati dal contribuente.

Priorità politica

La penuria energetica autoindotta porterà con sé una pletora di razionamenti, divieti, obblighi, tasse, balzelli oltre all’esplosione dei prezzi. Da qui al 2050, la LOCli ci costerà 400 miliardi di franchi. L’immigrazione incontrollata – voluta anch’essa dalla partitocrazia – fa aumentare il consumo energetico. Ciò che, di conseguenza, accresce il rischio di blackout.

In passato sembrava che mai ci saremmo confrontati con un manco di energia. Oggi il quadro è cambiato. Garantire alla Svizzera la corrente di cui necessita è diventata una delle principali priorità della politica. E’ dunque chiaro che, a maggior ragione dopo il sì alla Legge divoratrice di elettricità,  l’uscita dal nucleare non è più fattibile.

Non solo dobbiamo mantenere in attività le centrali atomiche esistenti. Dobbiamo anche cominciare a pianificare subito la costruzione di almeno un nuovo impianto.

Del resto, è ridicolo rinunciare all’atomo quando la Francia ci piazza i suoi reattori ad un tiro di schioppo dal confine!

Lorenzo Quadri