Ma guarda un po’! Allora avevamo ragione! La scorsa settimana il Consiglio di Stato ha avuto l’improvvida idea di calare le braghe sulla richiesta del certificato dei carichi pendenti prima del rilascio o del rinnovo di un permesso B o C. Rimane, e ci sarebbe mancato altro, l’obbligo di presentare l’estratto del casellario giudiziale. Tuttavia, rinunciando al certificato dei carichi pendenti, si rinuncia anche ad una fonte di informazioni interessanti sulla persona autorizzata a trasferirsi (o a rimanere) in Svizzera. E voler sapere chi ci si mette in casa, non pare una pretesa così fuori di testa.

Gesto distensivo?

La calata di braghe sul certificato dei carichi pendenti, secondo il Consiglio di Stato, sarebbe un gesto distensivo nei confronti della vicina ed ex amica Penisola. Obiettivo: la ripresa delle famigerate trattative. Il problema però è che le trattative sono arenate per un motivo che non ha nulla a che vedere con la richiesta di certificati sui precedenti penali (che tra l’altro vale per tutti, mica solo per gli italiani). Le trattative sono infatti arenate perché il Belpaese, avendo già ottenuto, a gratis, lo smantellamento del segreto bancario, non ha alcun interesse a fare concessioni gli svizzerotti.

Ed infatti, altro che “distensione”: il governatore della Lombardia, Roberto Maroni (Lega Nord) ha risposto al Consiglio di Stato prendendolo a pesci in faccia. Non solo la calata di braghe “non basta” ma sono pure arrivate frasi arroganti all’indirizzo del Ticino. Evidentemente il governatore, che di leghista non ha proprio nulla, si dimentica che senza il nostro Cantone centinaia di migliaia di suoi concittadini non avrebbero né la pagnotta né un tetto sulla testa. Ecco chiarito cosa ci si guadagna con i gesti “distensivi”. Del resto, nemmeno l’improvvido sblocco dei ristorni da parte del Consiglio di Stato aveva portato ad alcun risultato: la storia (o piuttosto, la cronaca) si ripete.

Sputi da nord

La capitolazione sul certificato dei carichi penali pendenti non ha attirato sputi solo da sud, ma anche da nord. L’improponibile segretario di Stato De Watteville ha infatti già fatto sapere, per il tramite dei suoi subito sotto, che la misura non è sufficiente. Il Consiglio federale si aspetta dal governo ticinese una calata di braghe anche sull’estratto del casellario giudiziale. Ma bene. Ogni giorno si scoprono, in questo sempre meno ridente Cantone, stranieri pregiudicati che ne fanno peggio di Bertoldo. Però a Berna i grandi scienziati insistono perché si rilascino permessi di dimora alla cieca, ben sapendo che poi ritirarli diventa un’impresa acrobatica. Anche perché sempre a Berna da anni si fa vergognosa melina sull’espulsione dei delinquenti stranieri, malgrado sia stata votata dal popolo.

Ripristinare la legalità?

E non è ancora finita: quello stesso Consiglio federale che pretenderebbe la calata di braghe anche sull’estratto del casellario giudiziale perché – udite udite – “bisogna ripristinare il quadro legale” non ha nulla da dire sulle illegalità italiane. A Berna si continuano svendere gli interessi del Ticino mentre i vicini a sud se la ridono a bocca larga e, come abbiamo sentito dalle ultime dichiarazioni di Maroni, fanno pure i gradassi.

Capita infatti che domani sui banchi del Consiglio nazionale arriverà in votazione una modifica della Convenzione tra la Svizzera e l’Italia per evitare le doppie imposizioni (CDI). E a questo punto diventa evidente anche a quello che mena il gesso che il Ticino viene sontuosamente preso per i fondelli. Infatti le modifiche della CDI avrebbero dovuto essere parte del famigerato pacchetto di accordi in cui si sarebbe dovuto: 1) aumentare a livelli italiani le aliquote dei frontalieri; 2) eliminare la Svizzera dalle famose black list illegali dal Belpaese (e poi si ha il coraggio di venire a dire al Ticino che deve “ripristinare il quadro legale”?); 3) garantire l’accesso del mercato finanziario italico anche agli operatori svizzeri, eccetera. Anche la quasi ex ministra del 4% Widmer Schlumpf aveva assicurato che tutti questi temi sarebbero stati trattati in un pacchetto unico, proprio per tutelare gli interessi del Ticino. Ma si trattava dell’ennesima balla.

Spacchettato

Infatti, ecco che il famoso pacchetto viene spacchettato “come se niente fudesse”. La Svizzera continua a fare concessioni all’Italia. E, quando gli svizzerotti che vanno a Roma a parlare in inglese hanno concesso anche le mutande, e si aspettano dunque che l’italica controparte faccia anche lei i compiti, si si sentono rispondere con una pernacchia. Chi resta fregato? Il Ticino!

Come in questa situazione che perdura ormai da anni il Consiglio di Stato abbia potuto pensare di ottenere alcunché calando le braghe sul certificato dei carichi pendenti, rimane incomprensibile. Ed infatti la brillante iniziativa ci ha portato uno schiaffone dalla Lombardia ed un altro da Berna. A Bellinzona hanno forse assunto un come nuovo consulente un tale Leopold Von Sacher – Masoch?

Lorenzo Quadri