Da un lato c’è chi è in Ticino illegalmente da oltre tre anni e mezzo e dopo sette intimazioni a partire non ha ancora lasciato il paese, esibendo oscuri certificati medici a “mezzanotte meno cinque”. E il Consiglio di Stato li prende per buoni.
Dall’altro c’è chi fa le valigie con grande dignità e ringraziando per quello che ha ottenuto. Sul Corrierone di giovedì, nella cronaca di Bellinzona, figura la vicenda di una famiglia giapponese che si è trasferita in Ticino, e segnatamente nella capitale cantonale, dopo il disastro di Fukushima.
Questa famiglia, che ha una bimba di pochi anni che frequenta l’asilo, non ha ottenuto il permesso di rimanere in Ticino. Il Consiglio di Stato ha confermato l’allontanamento. Tuttavia ci sono ancora delle vie ricorsuali aperte. Ma la famiglia ha deciso di non impugnare la decisione. A suo sostegno, si legge ancora sul Corrierone, nella regione sono state raccolte 1600 firme in due mesi. Tuttavia i diretti interessati preferiscono partire, una volta concluso l’anno scolastico della bambina. Senza sbattere la porta, senza tentativi di aggiramento delle decisioni prese, ma esprimendo gratitudine al Ticino. Torneranno in Giappone. Evidentemente, la classe non è acqua.
Va da sé che per questa famigliola nipponica i kompagni mica hanno organizzato manifestazioni a scopo di campagna elettorale in cui innaggiano all’illegalità, e questo mentre si sciacquano la bocca un giorno sì e l’altro pure con “il rispetto delle regole”.
La vicenda della famiglia di Fukushima rende evidente come ci siano molti cittadini stranieri che si conformano alle decisioni dell’autorità e si comportano di conseguenza, consapevoli di essere stati aiutati, anche se non gli si è permesso di restare perché la legge – quella che la $inistra internazionalista invoca solo quando fa comodo – stabilisce così.
Due pesi e due misure
Il fatto che, brandendo il certificato medico, Arlind sia ancora in Ticino malgrado le decisioni d’allontanamento cresciute in giudicato, è uno schiaffo non solo ai ticinesi cui il rispetto delle regole viene semplicemente imposto, ma anche a quegli stranieri, come la famiglia di Fukushima, che rispettano le regole del paese che li ha ospitati. Che abissale differenza tra il comportamento tenuto da questi giapponesi se paragonato a quello del giovane kosovaro e dei suoi supporters!
E adesso si faccia il piacere di non ricominciare con la solita menata del presunto accanimento su un minorenne (a parte che è quasi maggiorenne). Il problema non è certo anagrafico, ma sostanziale.
Davanti a chi rifiuta sistematicamente di conformarsi alle decisioni prese e le elude a suon di certificati medici (ancora ignoto l’estensore) attestanti un precario stato di salute che impedirebbe il viaggio in Kosovo, ma poi si fa fotografare mentre va a cavallo, gioca a calcio, eccetera, si fa molta fatica a non sentirsi presi per i fondelli.
Lorenzo Quadri