Contagiarsi nel tempo libero è assurdo. E le quarantene non devono essere teoriche
Giusto renderle obbligatorie anche negli esercizi pubblici. Ma perché non nei negozi?
Finalmente, ed era anche ora, le mascherine cominciano a diventare obbligatorie, seppure a macchia di leopardo. Da due settimane è necessario portarle sui mezzi pubblici. Nei giorni scorsi il governicchio cantonale ha stabilito che anche “gli addetti alla clientela nel settore della ristorazione” saranno tenuti ad indossarle a partire da domani.
Come in tutti i settori, anche negli esercizi pubblici si è notato un certo calo della prudenza. Quando, a fine aprile, bar e ristoranti hanno potuto riaprire, sui tavoli scorrevano fiumi di disinfettante. Oggi la situazione è diversa: di disinfettante se ne vede meno ed in numerosi esercizi pubblici i camerieri non portano la mascherina né la visiera.
Ben venga quindi l’obbligo che non discriminerà il settore della ristorazione, ma gli permetterà di continuare a lavorare. Inoltre, se i clienti si sentiranno più sicuri, saranno anche più invogliati ad andare al ristorante.
A rattoppi
In generale, l’obbligo di mascherina va avanti a rattoppi. Ci sono volute svariate settimane prima che venisse resa obbligatoria sui mezzi pubblici. E al proposito è vergognoso che ci sia chi si fa redigere certificati medici farlocchi per non portare la mascherina. E, soprattutto, che ci siano medici disposti a redigerli: questi medici andrebbero radiati dall’albo. Anche perché probabilmente sono gli stessi che non si fanno problemi a firmare anche dichiarazioni d’invalidità taroccate.
Inoltre, perché nei negozi ed in altri spazi chiusi dove non è possibile mantenere le distanze la mascherina non è obbligatoria?
Assembramenti
Bene ha fatto il CdS a prolungare fino al 9 agosto i divieti di assembramenti di più di 30 persone. Infatti, si è ben capito da dove vengono i nuovi contagi: importati dall’estero (addirittura i due terzi) o conseguenza di comportamenti imprudenti nel tempo libero. Non a caso la maggioranza dei nuovi positivi sono giovani.
E’ però evidente che non basta prolungare il divieto di assembramenti: bisogna anche farlo rispettare. Altrimenti l’operazione si trasforma in una farsa. Ciò significa che le polizie di ogni ordine e grado, invece di dedicarsi a radar e a multe di parcheggio, dovranno dare la priorità agli assembramenti. Questa priorità vale anche per i comuni. Dove si creano situazioni di rischio, come è stato il caso alla Foce a Lugano negli scorsi fine settimana, bisogna intervenire. E senza tante pippe mentali. Per trascorrere piacevolmente il tempo libero non c’è bisogno di ammucchiarsi. E questo vale anche si è giovani. E’ infatti il colmo che ci si contagi durante le attività di svago!
Garantire le quarantene
L’altro punto dolente riguarda le quarantene. Serve a ben poco decretarle per chi arriva da paesi a rischio, come hanno fatto i camerieri dell’UE in Consiglio federale, per poi uscirsene immediatamente a dire che non è possibile (?) farle rispettare e quindi ci si affida ad una responsabilità individuale che troppo spesso non c’è! Bisogna fare in modo che le quarantene vengano svolte. Per fortuna, tanto per una volta l’Italia ci ha fatto un favore stilando anche lei le liste nere di paesi a rischio. Così a fermare i vacanzieri al ritorno in Svizzera (spesso si tratta di stranieri che vivono da noi ma che per niente al mondo rinuncerebbero alle vacanze al Paese d’origine, anche se questo è impestato dal virus cinese) ci pensano i vicini a sud.
Ma è chiaro che la politica deve pretendere che l’obbligo di quarantena sia reale e non solo teorico. Però, chissà come mai, i soldatini della partitocrazia a questo proposito tacciono. Non sarà mica perché – come scritto sopra – i vacanzieri che si inventano le furbate per schivarsi la quarantena sono per lo più immigrati e quindi guai a fare un cip, sarebbe “becero razzismo”?
Ormai l’ha capito anche il Gigi di Viganello che i soldatini della casta, completamente imbesuiti dal politikamente korretto, sono molto più preoccupati per il non-problema del razzismo che per le emergenze di salute pubblica.
Lorenzo Quadri