Il municipio di Zurigo getta soldi nel water alla spasmodica ricerca dell’inesistente

E’ davvero uno spettacolo penoso: la città di Zurigo si autofustiga, con i soldi dei contribuenti, per il proprio presunto “passato razzista”.

Si tratta, è ovvio, dell’ennesima demenziale deriva nel segno della “cancel culture”: quel fenomeno autolesionista che porta l’Occidente a rinnegare la propria cultura, i propri monumenti, la propria storia, per correre dietro ai razzisti del cosiddetto “Black lives matter”. Come se costoro, tra l’altro, avessero un qualche peso ed un qualche seguito in Svizzera!

La realtà del nostro Paese, nel caso qualche becero immigrazionista ro$$overde non se ne fosse ancora accorto, è lontana anni luce da quella degli USA.

Bisogna inventare

Quale passato razzista avrebbe la città di Zurigo – ma il discorso vale per la Svizzera in generale –  di cui doversi vergognare? Possedeva forse colonie in Africa? Praticava la tratta di schiavi? No, ovviamente. Il presunto “passato razzista” è una tale, grottesca BALLA che, per “scoprirlo”, ovvero inventarselo. All’uopo è stato addirittura creato un gruppo di lavoro il quale, va da sé, ha commissionato studi e distribuito mandati agli amici. Lo sfigato contribuente zurighese, con i propri soldi, ha dovuto finanziare ricerche sul nulla!

Un paio di vecchie insegne

Cosa infatti hanno portato a casa i solerti inquisitori di questa politikamente korrettissima caccia alle streghe? Hanno ottenuto che la proprietà comunale Zum Mohrentanz, dove si trova il caffè Mohrenkopf, perderà la sua antica insegna. Anche un paio di analoghi immobili pubblici dovranno cambiare nome.

Eccoli qua, i grandi problemi di razzismo in Svizzera. Rimaniamo sempre fermi allo stesso punto: il termine Mohren, ossia moro. Ricordiamo al proposito l’isterica crociata contro i moretti (Mohrenkopf, ovvero “testa di moro”) messi all’indice come “dolci razzisti” e banditi pure da alcuni supermercati. E non diciamo teste di che cosa sono i responsabili di catene di vendita che epurano dagli scaffali le “teste di moro” per paura di inesistenti “danni reputazionali”. Questa è gente che svenderebbe pure la nonna per un franco. Ed infatti il danno reputazionale l’hanno avuto ripudiando il moretto, al punto che la crociata è apparsa ridicola e controproducente anche a persone di colore che vivono in Svizzera. Per contro la Dubler, azienda argoviese produttrice dei moretti, si è trovata le code di nuovi acquirenti fuori dalla porta.

Manomettere stabili storici?

Il passato razzista (?) da cancellare della più grande città della Svizzera si riduce dunque ad un paio di vecchie insegne contenti l’esecrabile parola “moro”.

In più ci sono alcune rappresentazioni situate nell’edificio della scuola comunale di Hirschgraben, costruzione storica e bene culturale protetto, le quali “mostrano la visione esoticizzante (sic) dei popoli stranieri diffusa nel XIX secolo”. Queste rappresentazioni, scrive il municipio tigurino, non possono essere rimosse (ci mancherebbe altro) ma richiedono una “rielaborazione: per esempio una contestualizzazione visibile, una riprogettazione o un’estensione artistica”.

A questo punto sorge una domanda: ma davanti a simili deliri è più adeguato chiamare uno psichiatra, un esorcista, o entrambi?

Proprio i $inistrati ro$$overdi, quelli che metterebbero sotto tutela qualsiasi ciofeca edilizia (lo vediamo anche a Lugano), adesso vorrebbero manomettere stabili storici perché “mostrano la visione esoticizzante dei popoli stranieri diffusa nel XIX secolo”?

Proprio vero che non c’è limite al peggio. Pensavamo che queste farneticazioni fossero prerogativa statunitense, o magari di qualche università britannica. Invece…

Sul privato

C’è poi il problema di eventuali “diciture e rappresentazioni” poste in proprietà private. Lì l’ente pubblico non può intervenire direttamente (anche se ai ro$$overdi  del municipio zurighese piacerebbe tanto…). Bisognerà dunque fare opera di sensibilizzazione sui proprietari affinché aderiscano al (demenziale) approccio scelto dalla città. Corbezzoli!

E cosa intendono a $inistra  per “sensibilizzazione” è ormai noto anche ai paracarri: campagne di denigrazione e d’odio contro chi non si adegua!

Razzismo d’importazione

Ecco le grandi preoccupazioni degli esecutivi ro$$verdi come quello di Zurigo: sperperare i soldi pubblici per passare al setaccio ogni centimetro degli edifici della città alla spasmodica ricerca dei segni di un “passato razzista”… che nemmeno esiste!

Avviso ai naviganti: che nessuno si sogni di importare in Ticino idiozie del genere!

L’accaduto dimostra inoltre, per l’ennesima volta, che la Commissione federale contro il razzismo va abolita, come da mozione della Lega a Berna, dal momento che essa serve solo ad inventare un non-problema. Ci si preoccupi, semmai, del razzismo di importazione. Ovvero quello portato in Svizzera da migranti in arrivo da “altre culture” incompatibili con la nostra che sono razzisti, sessisti, omofobi, antisemiti e cristianofobi. Un problema che però, ma tu guarda i casi della vita, la partitocrazia, imbesuita dal multikulti e dall’immigrazionismo beota, si rifiuta di vedere.

Lorenzo Quadri