Burocrati all’opera affinché anche i veicoli che non consumano benzina vengano munti

Come da tempo annunciato su queste colonne, i burocrati bernesi del Dipartimento Simonetta si stanno facendo pippe mentali a tutto spiano per trovare il modo migliore per mungere (tassare) le automobili elettriche, ma anche quelle ibride.

Le macchine elettriche infatti non pagano i balzelli sul carburante poiché non ne consumano. Il risultato è che le casse del fondo stradale – alimentate da detti balzelli –  piangono.

Era scontato

Ma guarda un po’: quando il parlatoio federale dibatteva sulla rovinosa nuova legge sul CO2, quella che prevedeva pesanti aggravi fiscali sul carburante, i politicanti ro$$overdi replicavano che, per non pagare i rincari in questione, sarebbe bastato passare all’auto elettrica (come se tutti si potessero permettere la Tesla). Adesso anche per questi veicoli arriva il tempo della mungitura. O meglio: proprio subito non arriverà, visto che l’intenzione della Confederella è di mettere in vigore la tassa specifica entro il 2030. C’è quindi ancora qualche anno di tempo.

Il nuovo balzello non è di per sé uno scandalo: anche le auto elettriche utilizzano le strade, è quindi logico che contribuiscano al loro finanziamento. Tanto più che in genere sono più pesanti di un veicolo a benzina paragonabile per prestazioni. Quindi provocano un consumo maggiore delle infrastrutture viarie.

C’è tuttavia una categoria che continua a rimanere ingiustamente privilegiata. Quella dei frontalieri. Anche a loro bisogna chiedere una “tassa d’entrata” per farli partecipare ai costi della rete stradale. I permessi G infatti se ne servono in grande stile: la intasano tutti i santi giorni. Da un recente studio è emerso che tutti i frontalieri che arrivano in Ticino in macchina viaggiano da soli.

La Lega coglierà quindi l’occasione del nuovo balzello sulle auto elettriche per tornare alla carica sulla tassa d’entrata per i permessi G.

Come fare?

Si pone tuttavia la domanda seguente: ammesso che vada bene (?) tassare le auto elettriche, come fare in concreto? Qui partono i voli pindarici dei burocrati. E cominciano anche i guai perché – sono anni che mettiamo in guardia – si stanno ponendo le premesse per introdurre il road pricing ed il mobility pricing. Queste ciofeche altro non sono che dei pedaggi medievali: si vuole chiamare alla cassa chi si sposta in auto (ma anche con i mezzi pubblici!) in determinate aree ed in determinati orari.

Ma procediamo con ordine.

Una prima opzione possibile sarebbe quella di abolire gli attuali balzelli sul carburante per sostituirli con un prelievo (mungitura) sulla base dei chilometri percorsi, indipendentemente dal vettore energetico (benzina o corrente). Interessante dal profilo della parità di trattamento tra conducenti, con però importanti controindicazioni. La prima sarebbe un netto abbassamento del costo della benzina causa eliminazione dei balzelli (gli introiti verrebbero recuperati altrimenti).  Ciò  comporterebbe a sua volta un’importante impennata del turismo del pieno, che potrebbe fare contenti i negozianti della fascia di confine (attenzione: non stiamo parlando di oggi, ma del post-2030) provocando però un’esplosione del traffico. La benzina senza dazi aumenterebbe anche l’attrattività della Svizzera come corridoio di transito parassitario per TIR UE, i quali ne approfitterebbero per fare il pieno da noi. Sarebbe inoltre un incentivo a (ri)trasferire il trasporto merci su strada.

Due problemi

A fronte di queste controindicazioni, la Confederella è quindi orientata a mantenere la situazione attuale per quel che riguarda i balzelli sul  carburante. Per le auto elettriche si introdurrebbe invece la tassazione in base al chilometro percorso. Ma anche qui si palesa subito un problema. Anzi due. Il primo è che, con questo sistema, ogni veicolo paga lo stesso importo per la medesima distanza, anche se consuma più energia per percorrerla. Con i balzelli sul carburante non funziona così: il SUV “beve” più benzina della piccola utilitaria:  quindi paga di più per coprire la stessa tratta. A seconda del vettore (corrente o carburante) il prelievo fiscale sarebbe dunque sostanzialmente diverso.

Il secondo problema è quello del rilevamento della distanza percorsa. Per sapere quanti chilometri ha “macinato” il veicolo X bisogna conoscerne gli spostamenti. E come si fa a conoscerli? Elementare Watson: tramite  videosorveglianza globale. Ovvero creando il Grande Fratello! E questo

  • E’ lesivo della privacy. I burocrati della Simonetta assicurano che le informazioni verrebbero gestite “in conformità con la legge sulla protezione dei dati”. Ma per fidarsi bisogna essere caduti dal seggiolone da piccoli.
  • Costituisce, è evidente, il primo passo per l’introduzione del sopra citato “road pricing”: una volta che si sarà creato il “Grande fratello” per i veicoli elettrici, sarà un gioco da ragazzi estenderlo anche a tutti gli altri!

Non si capisce perché la corrente utilizzata dalle auto elettriche non potrebbe venire tassata in modo analogo alla benzina: vale a dire fatturando un sovraprezzo tramite un apposito contatore installato sul veicolo.

Sta comunque di fatto che, per gli automobilisti, si profila all’orizzonte l’ennesima tranvata. L’unico vantaggio, se così si può dire, è che l’orizzonte è quello del 2030. Non vicinissimo, ma neppure lontano.

Lorenzo Quadri