E resterà pure “monco”
Ma chi l’avrebbe mai detto: la messa in esercizio del tunnel AlpTransit del Ceneri slitterà quasi certamente di due anni, al 2021. In realtà questa notizia era nell’aria già da tempo. La novità è che il ritardo si potrebbe protrarre anche fino al 2023. Pietra d’inciampo sono dei ricorsi.
Intanto quello che non si dice, ma si sa benissimo, è che il proseguimento a sud della Nuova trasversale ferroviaria alpina è sempre più disperso nelle nebbie. Di certo non rientra tra le priorità dell’ennesimo governo italiano non eletto, che ha ben altre castagne da togliere dal fuoco. Non vi rientra AlpTransit e non vi rientra nemmeno, tanto per fare una piccola parentesi, l’accordo sulle imposte alla fonte dei frontalieri. Altro che “conclusioni imminenti delle trattative”!
Gli svizzeri pagano per l’UE
AlpTransit è un’opera fatta per l’Unione europea ma finanziata interamente, per l’ammontare di 25 miliardi, dagli svizzerotti. Le famose ricadute sul territorio ticinese sono semplici briciole. Sul cosiddetto cantiere del secolo (quale secolo?) lavorano praticamente solo consorzi stranieri. Ulteriore effetto collaterale: AlpTransit divora tutte le risorse per investimenti in Ticino. Il ritornello a Berna è sempre lo stesso. Quando si tratta di pianificare un qualsivoglia investimento infrastrutturale nel nostro Cantone, a cominciare dal tunnel di risanamento del traforo autostradale del San Gottardo, l’obiezione che giunge è sempre la stessa: “Ma in Ticino si fa già AlpTransit”.
“Una mazzata”
Non solo l’annunciato ritardo al tunnel di base del Ceneri sarà “una mazzata per il Cantone” come ha detto il senatore Lombardi. Senza di esso i convogli merci dovrebbero passare tutti per la linea di Luino, ammesso che i lavori di potenziamento siano conclusi in tempo. Per la “gioia” del Gambarogno come pure della tratta italiana, dove i lavori d’ampliamento saranno sì pagati dalla Svizzera (che strano eh? Alla faccia del principio di territorialità , se vogliamo che i vicini a sud facciano la loro parte nel transito internazionale, i soldi li dobbiamo cacciare ancora noi) ma non piacciono ai comuni interessati. Ovviamente, a nessuno sfagiola l’idea di farsi transitare sotto casa centinaia di treni merci in più.
Nebbia fitta
PiĂą il tempo passa piĂą la nebbia che avvolge AlpTransit, invece di dissiparsi, si infittisce. Sia sulla tempistica che, come detto, sul proseguimento a sud.
Un AlpTransit “monco” che si ferma a Chiasso o anche prima sarebbe una catastrofe. Questo l’hanno capito tutti. E tutti hanno capito che a ritrovarsi con la Pepa Tencia in mano sarà , ancora una volta, il Ticino. E al danno si aggiungerà la beffa perché da Berna – ma soprattutto dagli “amici” Romandi – giungerà puntuale la reprimenda: “ma come, abbiamo speso 25 miliardi per voi e non siete ancora contenti?”.
Lorenzo Quadri