Ma chi l’avrebbe mai detto. In questo sempre meno ridente Cantone c’è stata un’impennata del numero delle segnalazioni di lavoro nero. Lo dice il rapporto d’attività della Commissione tripartita, da cui emerge una vera esplosione: da 728 segnalazioni nel 2014 si è passati alle 1856 del 2015.
Ovviamente segnalazioni non significa “numero di irregolarità”. I settori dove ci sono più segnalazioni sono, come scrive il rapporto, quelli più esposti. Ossia quelli dove è più facile beccare le cose non in regola. Se ne deduce quindi che i casi reali sono molti di più di quelli scoperti. Pensiamo ai padroncini e ai distaccati: si facessero più controlli, si scoprirebbero anche più violazioni della legge.

Prevedibile
E’ evidente che questo degrado del mercato ticinese è dovuto all’invasione di frontalieri, padroncini e distaccati, che è a sua volta la conseguenza della devastante libera circolazione delle persone. Una conseguenza ampiamente prevedibile. Che però solo la Lega, l’Udc ed il Mattino avevano previsto. I partiti $torici, invece, hanno sostenuto in massa la svendita del mercato ticinese ad operatori d’Oltreconfine. Per loro, siamo diventati terra di conquista.

Indicatore
La reazione isterica che ha suscitato a Varese la notizia dell’albo antipadroncini introdotto dal CdS su spinta del leghista Claudio Zali è un indicatore illuminante. Ma anche alla Camera dei Deputati del Belpaese nei prossimi giorni si sentirà i kompagnuzzi del PD inveire contro le misure unilaterali che i ticinesotti hanno osato mettere in campo. Invece di farsi invadere senza resistenza dalla concorrenza sleale d’Oltreconfine. Inaudito!

A senso unico
Ma guarda un po’: la vicina Penisola giustamente (dal suo punto di vista) non applica gli accordi bilaterali perché nessuno – ed in particolare nessun ticinesotto timorato delle regole – deve permettersi di entrare nel Belpaese a portar via il lavoro alle aziende e agli artigiani tricolore. Per contro questi ultimi devono essere assolutamente liberi di devastare il mercato ticinese facendo concorrenza sleale a chi lavora, assume e paga le tasse in questo sempre meno ridente Cantone. L’esatto contrario, dunque, della massima del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Non è così che funziona, e oltrefrontiera dovranno cominciare ad accorgersene. Idem a nord del Gottardo. Con gli italiani si può trattare solo comportandosi “all’italiana”. In caso contrario, si resterà sempre fregati. Se a Berna non sono in grado di capire, perché proprio non ci arrivano, a sud delle Alpi capiamo benissimo.

Due segnali
L’aumento delle segnalazioni di lavoro nero contiene due segnali, uno negativo ed uno positivo.
Il segnale negativo è in sostanza quanto detto sopra. Per colpa della devastante libera circolazione delle persone, il mercato ticinese è invaso da padroncini e distaccati che non rispettano le nostre regole (per la serie: tanto i ticinesotti sono fessi e non si accorgono di niente). Ricordiamo che l’ex direttrice del DFE targata PLR negli ultimi otto anni, ossia quando il fenomeno padroncini e distaccati è esploso, è stata a guardare la moria di piccole imprese ed artigiani perché “il margine di manovra è nullo”, “sa po’ fa nagott”. Questa è poi anche la posizione del ministro dell’economia a livello federale. Che è, ma guarda un po’, un altro PLR: quel Johann Schneider Ammann che il Blick ha soprannominato “Leider Ammann”, ossia “purtroppo” Ammann, per l’abitudine a limitarsi a dire “purtroppo” davanti alla perdita di impieghi in Svizzera, senza proporre alcuna contromisura.

Aspetto positivo
L’aspetto positivo (se si vuole vedere qualcosa di positivo) dell’aumento delle segnalazioni è, appunto, che, davanti a situazioni sospette, chi vede non chiude gli occhi ma segnala. C’è quindi la consapevolezza diffusa – speriamo sempre più diffusa – che l’invasione da sud devasta l’economia ticinese e quindi va combattuta. Esiste insomma una sorta di “controllo informale” da parte della popolazione. Un controllo che può avere un doppio effetto dissuasivo. Da un lato sui furbetti dell’italico quartierino che pensano di incamerare lauti, e non dichiarati, guadagni a spese degli svizzerotti. Dall’altro anche su quelli che, da questa parte del confine, pur avendo il borsello oltremodo farcito, per eseguire dei lavori nelle proprie ville, invece di chiamare un artigiano locale si rivolgono al padroncino di turno per risparmiare qualche centinaio di franchi. Chi lo fa, si vergogni; spesso comunque non si tratta di cittadini svizzeri.

Dare un seguito
Affinché il sistema funzioni è però necessario che alle segnalazioni venga effettivamente dato seguito. Perché, se cadono nel vuoto, anche il cittadino di buona volontà poi si stufa. Mentre chi vuole approfittarsi di un sistema che è fatto apposta per spianare la strada agli abusi (ma naturalmente erano tutte balle della Lega populista e razzista) se la ride a bocca larga. L’appello va dunque al DFE. Se non ci sono le risorse umane per “star dietro” a tutte le segnalazioni, bisogna dotarsene. E’ un investimento, perché l’autofinanziamento arriva tranquillamente grazie alle sanzioni comminate.
Lorenzo Quadri