Accordi dei frontalieri: Berna dovrebbe indennizzarci anche per gli ultimi 40 anni
Come non solo il Mago Otelma, ma anche “quello che mena il gesso” era in grado di prevedere, il 26 giugno è trascorso senza che il Belpaese abbia firmato uno straccio di accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Perché non ha alcun interesse a firmare. Stranamente, però, al proposito tutto tace! Fossero stati gli svizzerotti a tirare un bidone del genere agli italici…
Del resto, grazie all’ex ministra del 5% Widmer Schlumpf ed al suo tirapiedi De Watteville, la Svizzera ha calato le braghe in tempo di record sullo scambio di informazioni bancarie, ovviamente senza uno straccio di contropartita (perché è così che i camerieri di Bruxelles difendono gli interessi nazionali): il Belpaese ha portato a casa quello che gli interessava e quindi non ha né intenzione né necessità di fare concessioni alla Confederella. Tanto più che, oltre alla fiscalità dei frontalieri, c’è in ballo pure l’accesso degli operatori svizzeri alla piazza finanziaria italiana. Accesso che naturalmente la Penisola, che è protezionista, fa di tutto per ostacolare. Ma ai burocrati bernesi va bene così: l’importante è non venire accusati di razzismo e di discriminazione; il resto non conta un fico. E poi ad andarci di mezzo è principalmente il Ticino, per cui chissenefrega! Quantité négligeable!
Fregati ogni volta
A ciò si aggiunge che la Svizzera rimane pure iscritta, senza alcun motivo, sulle liste nere italiane illegali. Però la ministra del “devono entrare tutti”, kompagna Simonetta Sommaruga, corre ossequiosa ad adulare gli italici – i quali se la ridono a bocca larga – e a promettere aiuto nella gestione del caos asilo, quando tutti gli altri paesi confinanti con la vicina Repubblica fanno proprio il contrario. Aiuti che la Svizzera fornisce, sia chiaro, non perché sia obbligata a farlo, ma per “dare l’esempio”. In che modo il Belpaese ringrazia, lo abbiamo ben visto: fregandoci davanti e di dietro ogni volta che se ne presenta l’occasione.
La proposta di Vorpe
Poiché è evidente che, malgrado l’autolesionistica calata di brage sul casellario giudiziale ad opera della triciclo PLR-PPD-P$ in Consiglio di Stato, a Roma l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri non verrà MAI firmato, nei giorni scorsi il responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI Samuele Vorpe in un’intervista al GdP ha lanciato, o meglio rilanciato, una proposta: quella del risarcimento al Ticino da parte della Confederazione. Essendo il nostro Cantone parte lesa, afferma Vorpe, Berna dovrebbe indennizzargli la differenza di entrate tra l’accordo precedente e quello in fase di stallo permanente, stimata in 15 milioni di Fr all’anno (se questa cifra sia realistica è ancora da vedere, perché il sospetto è che la differenza sia ben inferiore).
E gli ultimi 40 anni?
A dire il vero, la Confederazione dovrebbe indennizzare il Ticino anche per i ristorni già versati negli ultimi 40 e più anni, visto che questi sono stati pagati nell’ambito di un accordo che era nell’interesse di tutta la Svizzera, ma i cui costi ricadevano interamente sul Ticino. L’idea di Vorpe è anche sensata; peccato che i burocrati bernesi di risarcimenti al nostro Cantone non ne hanno mai voluto sentire parlare. Difficilmente cambieranno posizione ora. Inoltre, non è nemmeno chiaro perché per i giochini dell’Italia – che ci prende sontuosamente per i fondelli – dovrebbe pagare il contribuente elvetico. Sicché, i famosi 15 milioni di differenza, li detraiamo semmai dai ristorni dei frontalieri. Anzi, i ristorni li blocchiamo integralmente, che si fa prima. E’ infatti inaudito che, malgrado le recenti e note vicissitudini, in Consiglio di Stato non si trovi una maggioranza per compiere questo necessario passo. Grazie, triciclo PLR-PPD-P$!
Lorenzo Quadri