Virus: via il divieto di spesa per gli over 65. E anche altre misure non stanno in piedi
Come da copione, il governicchio ha dovuto fare retromarcia sul divieto di andare a fare la spesa imposto a chi ha più di 65 anni, che tanto ha fatto discutere nelle scorse settimane. Il divieto verrà levato il 14 di aprile, quindi dopo il Lunedì santo. Non si fa fatica a capire il perché: conveniva tenerlo in vigore quale deterrente per scoraggiare gli svizzerotedeschi – in genere proprietari di una residenza secondaria ed anziani – dall’arrivare in Ticino per Pasqua.
Fasce orarie
Il divieto di spesa per chi è in età AVS verrà dunque sostituito dall’istituzione di una fascia oraria (fino alle 10 di mattina) dedicata agli over 65. Anche in questo caso si tratta al massimo di un’esortazione. Non può essere una costrizione in quanto, come non c’è la base legale per proibire a chi è in età AVS di andare a fare la spesa, non c’è nemmeno per ghettizzarlo in un orario prestabilito. Si tratta sempre di una discriminazione fondata sull’età, che non è sostenibile dal punto di vista giuridico. Certo meno incisiva del divieto tout-court, ma sempre di discriminazione si tratta.
Risolta (più o meno) la questione della spesa degli anziani – che ovviamente è meglio se le compere le delegano a qualcun altro – rimane invece, e si acuisce col tempo, la questione di cosa si può comperare e cosa no.
Prima necessità?
Formalmente, il CdS ha deciso di consentire la vendita solo di “alimentari e di generi di prima necessità”. Cosa sono i generi di prima necessità? Boh! “Ogni negozio decide in piena autonomia cosa è prima necessità – è la risposta -. Inoltre rimane libero il commercio online”.
Allora, punto primo: la storiella del commercio online si faccia il piacere di smettere di ripeterla. Non tutti hanno dimestichezza con gli acquisti online. Non tutti hanno una carta di credito. O, semplicemente, non tutti sono d’accordo di inserire le proprie coordinate bancarie nella rete, alla mercé del primo hacker che passa. Inoltre i commerci locali sono già sufficientemente in difficoltà senza che lo Stato si metta a promuovere la vendita online su piattaforme situate dall’altra parte del mondo.
Concetto vago
Punto secondo: è chiaro che la definizione di “generi di prima necessità” è alquanto vaga. Il CdS proibisce la vendita di ciò che non è di prima necessità. Però non stabilisce cosa è permesso e cosa è vietato.
Il telefonino è un bene di prima necessità? Visto come vanno le cose oggi, si direbbe di sì. A maggior ragione in regime di clausura e di telelavoro. Inoltre, anche i finti rifugiati hanno lo smartphone. Dunque, si può comprare liberamente?
Oppure l’abbigliamento di base. Al proposito ci scrive una lettrice: “Sono andata al negozio XY ed ho visto delle calze, che servono a me ed alle mie figlie. Ma la gerente mi dice: “non possiamo venderle perché non sono beni di prima necessità. Provi ad andare al negozio YY”. Ci vado e ottengo la stessa risposta. Alla fine la gerente mi fa comunque comprare le calze, ma è scocciatissima: dice che la polizia entra in negozio e le fa chiudere i reparti”.
Quindi, le calze non sono un bene di prima necessità? Andiamo in giro senza? O magari addirittura biotti, visto che l’abbigliamento di base non sarebbe un bene di prima necessità?
Altri casi
Il discorso si può poi estendere a piacimento. C’è chi ha portato l’esempio di sementi e piantine. Dato che bisogna stare in casa, almeno che si possa contribuire al proprio autosostentamento coltivando l’orto (anche in balcone). O, allargando ancora: giochi di società, libri, DVD,… : per chi è in clausura forzata, magari con i figli, non potrebbero essere ritenuti di prima necessità? Se lo Stato sostiene che la cultura è superflua, allora fa il piacere di non stanziare centinaia di milioni di franchetti pubblici per indennizzare i promotori culturali messi in difficoltà (come tutti) dal virus. Invece…
Morale
E’ chiaro che il CdS, in preda al panico, ha preso (anche) delle decisioni draconiane senza base legale, che sono sostenibili al massimo per un tempo limitato. Dopo, non stanno più in piedi. Vedi il divieto di spesa per gli over 65, vedi la diatriba sui generi di prima necessità, vedi il divieto di lavorare imposto a professionisti ed artigiani che potrebbero farlo in tutta sicurezza perché sono da soli sul posto di lavoro.
Lorenzo Quadri