Adesso ne abbiamo piene le scuffie delle infinte pretese di Ucraina, UE, USA e NATO

Ah beh, questa ci mancava. Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di leggere le esternazioni di tale Julia Peters (Julia chi?). Costei risulta essere la presidenta dell’Associazione “Good Friend for Ukraine (GFU)”. Austriaca di origini ucraine, la Julia si lamenta che gli svizzerotti sarebbero diventati “meno solidali con i rifugiati ucraini”.

Premessa. Essendo la signora cittadina austriaca, se vuole può senz’altro commentare la situazione  in Austria sul fronte dell’accoglienza. Su quello che accade in Svizzera, invece, ha poco da disquisire. Perché di stranieri che pretendono di venirci a dire cosa dobbiamo – o non dobbiamo – fare in casa nostra, cominciamo ad averne le scuffie sature.

Il bello che è, per non farsi mancare niente, la Julia se la prende perfino con il federalismo elvetico: sostiene che renderebbe “caotica” (?) la risposta delle autorità e “difficile” l’inserimento degli ucraini nel mondo del lavoro svizzero. Forse la signora non si è resa conto che l’inserimento è difficile anche per gli svizzeri! Se poi non le sta bene il nostro federalismo, è liberissima di portare tutti i profughi ucraini a casa sua, in Austria.

Propaganda meno efficace

Nel merito delle dichiarazioni della presidenta GFU: che gli svizzeri siano meno solidali e che stiano financo perdendo la pazienza, non sorprende. E che sempre più famiglie spingano i propri ospiti ucraini a trovare una nuova sistemazione, ci pare scontato, visto che la guerra in Ucraina dura da oltre un anno e non se ne vede la fine. Un conto è essere solidali per qualche settimana. Questi erano i tempi indicati all’inizio del conflitto con la prospettiva, che allora pareva realistica, di un rapido rientro in patria degli sfollati. Adesso la situazione è radicalmente cambiata. Dopo più di un anno, la propaganda di regime pro-Ucraina, pappagallata acriticamente dai media mainstream, perde di efficacia. Non potrebbe essere altrimenti. L’ottundimento emotivo iniziale scema ed i cittadini tornano a ragionare con la propria testa. E né la partitocrazia, né i giornalai di regime, e men che meno la Julia di turno si possono permettere di denigrare e di colpevolizzare gli svizzerotti perché cominciano ad essere stufi di fare sacrifici in nome dell’Ucraina. Tanto più che il presidente Zelensky (così come Putin) a fare la pace non ci pensa proprio. E dovremmo andarci di mezzo noi?

La casta prenda nota: gli svizzeri hanno già dato. Quindi, che la smetta di pretendere sempre di più!

Presi per il lato B

E’ ormai evidente che la grande (stragrande?) maggioranza dei profughi ucraini non tornerà mai in patria: agli svizzerotti è stato fatto credere il contrario. Quindi adesso si sentono (comprensibilmente) presi per i fondelli. Il che non giova alla solidarietà. Specie se l’accoglienza a cinque stelle nei confronti degli ucraini viene poi ricompensata con arroganza, ingratitudine, e perfino ricatti.

L’Ucraina ed i suoi burattinai (USA, NATO, fallita UE) continuano infatti ad attaccare la neutralità svizzera, che è uno dei nostri principi fondanti. Si permettono addirittura di mobbizzarci perché non l’abbiamo ancora rottamata integralmente per fare un piacere a loro (intendiamoci, fosse stato per il governicchio federale e per la partitocrazia, la neutralità sarebbe già stata spazzata via. Se ce n’è ancora qualche rimasuglio, è perché la casta ha PAURA delle elezioni federali che si avvicinano).

Piazza finanziaria

E naturalmente, sotto l’attacco della triade USA-NATO-UE c’è anche la nostra piazza finanziaria. Il blocco degli averi dei cosiddetti oligarchi russi è un duro colpo alla sua credibilità. Adesso gli yankees pretendono addirittura che le banche svizzere si mettano a confiscare, ossia a RUBARE, questi averi. Il risultato di una simile scelleratezza sarebbe un fuggi-fuggi generale di capitali dalla Confederella, con tutte le conseguenze fiscali ed occupazionali del caso. Già la vicenda Credit Suisse, sotto il profilo dei posti di lavoro, sarà uno sfacelo. Quanta disoccupazione vogliamo crearci in casa per aiutare (?) l’Ucraina?

Tirare le somme

Ci piacerebbe proprio sapere quanto costerà, ai cittadini elvetici, questa guerra per la quale non portiamo ovviamente alcuna responsabilità. E intendiamo il costo complessivo: spese per gli asilanti, effetti boomerang delle sanzioni contro la Russia (inclusi i danni alle aziende ed alla piazza finanziaria), inflazione – con  conseguente necessità di aumento degli aiuti sociali – soldi inviati a Kiev, eccetera.

Poi vedremo chi avrà ancora la tolla di criminalizzare gli svizzerotti perché sarebbero diventati “meno solidali” nei confronti dei profughi ucraini. Solidali è un conto; fessi ed autolesionisti un altro.

Lorenzo Quadri