«Il Nord (Italia) è sull’orlo del baratro economico che trascinerebbe tutto il paese indietro di mezzo secolo». Queste parole non figurano sul Mattino della domenica. Sono state pronunciate dal leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, all’assemblea annuale dell’associazione delle grandi imprese, svoltasi alla presenza del premier italiano Enrico Letta e di vari ministri.
Squinzi ha citato anche la situazione dell’edilizia nella vicina Penisola: «è uno specchio del dramma che sta attraversando la società italiana. L’edilizia vive una crisi tanto profonda da sottoporre al governo la richiesta di un intervento speciale di filiera». Quanto al fisco italiano è «punitivo, opaco, complicato, incerto nella norma».
Secondo i vertici di Confindustria, e quindi non secondo il Mattino della domenica, il Nord italiano è sull’orlo del baratro. Il Nord. Ossia quello che dovrebbe essere il motore economico della vicina Penisola. Nel Nord-Est aziende un tempo fiorenti sono confrontate con una pressione fiscale in zona 70%, con committenti – enti pubblici compresi – che ci mettono anni a pagare le fatture (quando le pagano). E’ ovvio che in queste condizioni non si può fare altro che chiudere e licenziare. Licenziamenti, chiusure, suicidi sono diventati il pane quotidiano. E, ripetiamo, è l’operoso Nord di cui si parla.
E’ chiaro che in queste condizioni non ci si può che aspettare un continuo e grave peggioramento dell’assalto alla diligenza del mercato del lavoro ticinese da parte di frontalieri e padroncini. Se il numero delle notifiche dei padroncini passerà a 38mila a fine 2013, rispetto a 23mila nel 2012, c’è un motivo. Evidentemente dovuto al fatto che nella vicina Penisola è diventato impossibile lavorare.
Le cifre della disoccupazione italiana sono evidentemente addomesticate (lo sono anche le nostre, figuriamoci le loro). Tuttavia una cosa non riescono a nasconderla nemmeno le cifre più edulcorate: ossia che il tasso di disoccupazione negli ultimi tempi è aumentato in maniera importante. Ad esempio in Piemonte le cifre ufficiali danno per il 2012 un tasso di senza lavoro dell’8,9%, le proiezioni 2013 il 9.7%. Per la Lombardia, si va dal 7.8% all’8.3%.
La disoccupazione giovanile poi si attesta al 38%, livelli paragonabili a quelli spagnoli e greci.
E’ quindi evidente che se i frontalieri in occasione dell’ultima statistica risultavano essere 56mila, sono destinati ad aumentare ancora, proprio come si è visto con le notifiche.
Non può esistere una libera circolazione delle persone tra due realtà così differenti tra loro. Chiunque è in grado di capire che le opportunità sono a senso unico e tutte a nostro danno.
La SECO, prezzolata dal Consiglio federale per giustificare una libera circolazione delle persone completamente fallimentare e nei cui confronti la popolazione elvetica – dopo essersi scottata – è sempre più maldisposta, può venire a raccontare tutte le storielle che vuole. I Consiglieri federali che rispondono agli atti parlamentari sulle devastanti conseguenze degli accordi bilaterali, onde evitare figure barbine ascrivibili a totale ignoranza della situazione ticinese, farebbero bene ad evitare di prendere per oro colato le veline passate dalla SECO. La situazione italiana è quella descritta sopra da Confindustria: il Nord, che è la regione più ricca della Penisola, e che confina con noi, è sull’orlo del baratro. Cosa si aspetta ancora per intervenire con pesanti limitazioni alla libera circolazione delle persone? Che nel baratro, assieme ai vicini a sud, ci finiamo anche noi?
Lorenzo Quadri