Svilire il passaporto svizzero significa svilire la Svizzera: ma è proprio quello che vogliono i multikulturali politikamente korretti
Come c’era da aspettarsi, il Consiglio degli Stati ha recentemente deciso di seguire la sua commissione nella svendita del passaporto elvetico.
Il Consiglio nazionale, nella revisione della legge sull’acquisto e sulla perdita della cittadinanza svizzera, aveva giustamente inserito alcuni, seppur modesti, inasprimenti. Non è stata cosa facile, perché queste misure sono state oggetto di lunghe discussioni, sia nella commissione delle istituzioni politiche (dove la Lega è ben rappresentata da Roberta Pantani) che nel plenum. Con la $inistra che, come da copione, si opponeva ad ogni e qualsiasi giro di vite.
Gli inasprimenti riguardavano alcuni requisiti necessari all’ottenimento del passaporto rosso: in particolare la conoscenza non solo orale, ma anche scritta di almeno una lingua nazionale, gli anni trascorsi in Svizzera (almeno 10 e non 8 come proponeva il Consiglio federale) e il trattamento di favore nei confronti dei giovani stranieri (abrogazione della regola secondo cui gli anni passati nel nostro paese contano doppio nell’ottica della naturalizzazione).
Nodi rimasti irrisolti
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, le modifiche apportate dal Nazionale non costituivano certo una rivoluzione copernicana. Erano, anzi, ampiamente insufficienti. Infatti lasciavano irrisolte due questioni importanti. La prima è quella della perdita della cittadinanza svizzera. Chi l’ha ottenuta, e poi ha commesso gravi reati, dimostra di non essere integrato. Quindi la naturalizzazione è stata concessa senza che ce ne fossero i presupposti. Va quindi revocata, e l’ex neo-svizzero espulso dal Paese. L’altra questione è quella del doppio passaporto. Chi chiede di diventare cittadino elvetico deve obbligatoriamente rinunciare alla precedente nazionalità. Cosa che oggi non accade, col risultato che il naturalizzato, a dipendenza di quel che gli conviene, in base alla situazione contingente tira fuori “à la carte” l’uno o l’altro passaporto. Il naturalizzato si trova quindi di fatto avvantaggiato rispetto allo svizzero di nascita; ciò che chiaramente è inaccettabile.
Piccoli progressi buttati all’aria
Il Consiglio degli Stati ha però voluto buttare all’aria anche i piccoli passi nella direzione giusta che erano stati fatti dal Nazionale. Dando così un segnale deleterio: ossia che la Svizzera si svende. Del resto, le naturalizzazioni facili hanno almeno due obiettivi ben precisi.
Il primo è quello di rispondere ai Diktat del politikamente korretto: bisogna “aprirsi”, “tollerare” essere “multikulturali”. Sicché – tanto per dirne una – mentre in altri paesi, il cittadino straniero che non ha lavoro ed è a carico dello Stato sociale viene rimandato a casa propria nel giro di pochi mesi, da noi rischia addirittura di venire premiato tramite concessione del passaporto elvetico.
Il secondo è quello di taroccare le statistiche. In questo modo si raggiunge il triplice obiettivo di:
a) Dare, sulla carta, l’impressione che la migrazione scriteriata sia un fenomeno meno ampio di quello che è in realtà: si fanno sparire i naturalizzati dalle statistiche degli stranieri;
b) Ridurre artificialmente l’ampiezza numerica della criminalità straniera: il criminale neo-svizzero non figura come straniero che delinque, ma come svizzero che delinque;
c) Idem come sopra per i fruitori di prestazioni sociali.
La realtà, piaccia o non piaccia ai politikamente korretti, è che abbiamo scriteriamente rinunciato a controllare l’immigrazione e che gli stranieri sono sovrarappresentati in modo clamoroso sia nelle statistiche della criminalità che in quelle dell’assistenza sociale.
Per ultimo, ma non da ultimo: agevolare le naturalizzazioni, come ha fatto il Consiglio degli Stati, vuol dire svilire il passaporto svizzero. Svilire il passaporto svizzero significa svilire la Svizzera. Ma è proprio questo l’obiettivo che i partiti $torici perseguono. Ormai da anni. La nostra identità e la nostra svizzeritudine vanno gradatamente cancellate per poterci disciogliere nel calderone europeo della multikulturalità completamente fallita.
Lorenzo Quadri