Il 18 ottobre la Lega, e anche l’Udc, hanno portato a casa un bellissimo risultato, in parte inaspettato. Lega ed Udc assieme totalizzano un terzo dei voti ticinesi. Ma le elezioni non sono certo finite. Manca ancora una tappa. Una tappa importante, però. Quindi, occorre fare ancora uno sforzo affinché quanti si sono mobilitati il 18 ottobre lo facciano anche il 15 novembre. Se le 36’500 schede di Lega/Udc si trasformassero in “crocette” per Ghiggia sarebbe ovviamente un primo passo. Ma non basta.

Spazzare via gli equivoci
Perché la tappa del 15 novembre è importante? Prima di tutto, perché il Consiglio degli Stati è il parlamento più importante della Svizzera. Non solo è importante, ma rappresenta i Cantoni. I suoi membri dovrebbero quindi, per definizione, portare a Berna la voce della maggioranza dei cittadini del Cantone di provenienza. Non quella dei rispettivi partiti, quando le due cose sono in contraddizione.

E’ un dato di fatto che oggi, su temi fondamentali, la maggioranza dei ticinesi non è rappresentata nella Camera alta. Ciò accade perché i partiti $torici sono sempre più lontani dalla gente. Tra questi temi fondamentali per il futuro del Cantone si annoverano certamente i rapporti con l’UE. A partire dalla concretizzazione del 9 febbraio e dal futuro della devastante libera circolazione delle persone senza limiti. Decisioni a questo proposito hanno conseguenze dirette sul mercato del lavoro. Quindi sull’occupazione dei Ticinesi. Che è, giustamente, in cima alla lista delle preoccupazioni, a causa della sciagurata invasione da sud che urge arginare. E questo malgrado lo studio dell’Ire, ideologicamente taroccato – per implicita ammissione dello stesso presidente dell’ USI Piero Martinoli che ha rimandato, in uno suo intervento sul Corrierino, alle diverse “scuole di pensiero” – tenti di far passare la tesi preconcetta che a sud delle Alpi “tout va bien, Madame la Marquise”. Anche a causa della presenza di simili derive è importante sgomberare il campo da equivoci. In tema di libera circolazione della persone, la voce del Ticino a Berna – e a maggior ragione nella Camera dei Cantoni – deve essere il più possibile univoca. I problemi occupazionali non sono “storielle”. E nemmeno sono il frutto di un’allucinazione collettiva. Lo sanno bene i troppi ticinesi che si trovano tagliati fuori da un mercato del lavoro saturato da frontalieri e padroncini. E al proposito non serve essere scienziati: basta guardare i dati dei nuovi impieghi creati e quelli dell’aumento dei frontalieri.

Rapporti istituzionali
Non meno importante è tuttavia la questione dei rapporti istituzionali con l’UE. In particolare quella della ripresa, dinamica o automatica che sia (se non è zuppa è pan bagnato) del diritto comunitario: essa costituirebbe de facto la fine della nostra sovranità. Il voto del 18 ottobre, che premia gli euroscettici (quelli veri, non i fotocopiatori di comodo) è anche una chiara bocciatura del servilismo nei confronti di Bruxelles in auge nelle alte sfere bernesi. In auge perché – a loro dire – bisogna essere “aperti ed eurocompatibili”. Per contro, difendere le prerogative elvetiche dalla rottamazione interessata che vorrebbero farne paesi stranieri ed organizzazioni sovranazionali con le rispettive quinte colonne elvetiche, è roba da “beceri populisti e razzisti”.

Attualità bruciante
E come la mettiamo poi con altre questioni di bruciante attualità, come l’espulsione certa e sistematica degli stranieri che delinquono o che abusano del nostro Stato sociale? Il popolo si è espresso già da molto tempo; ma la politica federale fa melina.
E sul futuro degli accordi di Schengen, voluti 10 anni fa da tutte le forze politiche tranne Udc e Lega, bocciati dal popolo ticinese ed ormai così indifendibili che perfino i loro supporter sono ridotti a ripetere l’invero misero mantra ideologico in base al quale tali accordi sarebbero “una conquista” (?) senza però saper dire cosa si sarebbe conquistato? Forse che la maggioranza di chi vive nel Cantone Porta Sud della Svizzera e geograficamente incuneato nel Belpaese, con tutto quel che ne consegue in campo di asilanti e di sicurezza (frontalierato del crimine), non ha il diritto di avere agli Stati dei rappresentati che portino a Berna la sua voce contraria allo spalancamento delle frontiere?

Cogliamo l’occasione!
Il 70% dei ticinesi, quelli che hanno plebiscitato il 9 febbraio, sono attualmente privi di una rappresentanza alla Camera dei Cantoni. L’eventuale perdurare di questa situazione non potrà che avere conseguenze negative sulla concretizzazione del voto popolare. Il 15 novembre sarà l’occasione per rimediare, sostenendo il candidato di Lega-Udc Battista Ghiggia. La partita è difficile, certo. Ma è ben lungi dall’essere persa in partenza. C’è l’occasione di giocarsela fino in fondo: cogliamola!
Lorenzo Quadri