La Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati ha approvato la proposta ticinese di Consiglio federale a nove membri. Certo, l’ha approvata di misura, con 6 voti a 4. E l’ha approvata contro il parere della maggioranza del Consiglio nazionale che in settembre aveva votato contro un aumento del numero dei Consiglieri federali.
La proposta viene motivata con la necessità di meglio distribuire il carico di lavoro tra i vari membri dell’esecutivo, ed è vero che attualmente la composizione dei dipartimenti non è equilibrata. Ma naturalmente, e non se ne è mai fatto mistero, l’aggiunta di “due posti a tavola” serve anche a far sì che l’adeguata rappresentanza delle varie regioni linguistiche non resti lettera morta all’interno della Costituzione federale, come accade da ormai 13 anni per il Ticino. Da tanto infatti la Svizzera italiana non ha più un proprio rappresentante nel massimo esecutivo elvetico. Ciò danneggia la nostra regione in particolare ora che i rapporti con la vicina ed ex amica Penisola si sono fatti decisamente “problematici”. E Berna continua a dar prove di incapacità nelle trattative con l’Italia. La ministra del 5% Widmer Schlumpf non è infatti nemmeno stata capace di indicare la cancellazione immediata della Svizzera dalle black list italiane illegali come premessa minima per l’apertura di trattative su accordi internazionali sulla fiscalità del risparmio (sia chiaro, per inciso, che di mandare soldi all’Italia non se ne parla neppure).
Per non parlare della drammatica situazione ticinese sul fronte del frontalierato e dei padroncini, provocata dalla devastante libera circolazione delle persone. Le sue conseguenze sono disoccupazione, dumping salariale, disagio sociale, sostituzione di lavoratori residenti con frontalieri. Tutte realtà ben presenti in Ticino che Berna e la nefasta SECO, lontane anni luce dal nostro Cantone, si ostinano a negare, o quando va bene a minimizzare.
C’è poi ovviamente da considerare anche la questione del rispetto del plurilinguismo a Berna. Che, in mancanza di un rappresentante ticinese, viene sempre più bistrattato. Basti pensare al malvezzo sempre più frequente nell’amministrazione federale di redigere i concorsi pubblici solo in tedesco ed in francese, discriminando così una parte dell’economia nazionale.
Eppure la Svizzera, senza la sua parte italofona, non sarebbe più la Svizzera.

A mali estremi…
E’ alquanto deludente dover giungere al punto da proporre un aumento del numero dei Consiglieri federali per poter avere un rappresentante ticinese. Tuttavia a mali estremi, estremi rimedi.
A tal proposito, la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati ha riaperto uno spiraglio, ma naturalmente la strada per avere un domani un Consiglio federale a nove membri con un ticinese è ancora irta d’insidie. Se alla fine non se ne dovesse fare niente, allora tanto vale puntare con decisione all’elezione popolare dei Consiglieri federali. Visto che i Ticinesi vengono comunque tagliati fuori, allora, assenti per assenti, meglio avere un governo con legittimazione democratica che uno, come quello attuale, che ne è vistosamente privo.
Lorenzo Quadri