Ancora una volta, il Consiglio federale dimostra di infischiarsene dei problemi del Ticino e della situazione occupazionale sempre più grave nel nostro Cantone a seguito della devastante libera circolazione delle persone, voluta in prima linea proprio dal Consiglio federale.
Così l’esecutivo federale, probabilmente ispirandosi ad una delle consuete veline prodotte dalla SECO (quella dell’equazione immigrazione = ricchezza) risponde njet agli atti parlamentari del sottoscritto e della collega Roberta Pantani, con cui si chiedevano misure di contingento per i frontalieri, ed in particolare si proponeva di inserire, tra i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici, un nuovo criterio relativo alla presenza nell’organico aziendale di personale residente.
Come di consueto, il njet del Consiglio federale viene infiocchettato con le solite, vacue attestazioni di “comprensione” per la situazione del Ticino, e con le assicurazioni che si sta “monitorando”: probabilmente intendendo dire, con questo, che si sta a guardare senza fare nulla!
Con la “comprensione” e il “monitoraggio” di Schneider Ammann e colleghi non si crea neanche mezzo posto di lavoro per i ticinesi giovani e meno giovani: e intanto in tutto il Cantone le nuove domande d’assistenza aumentano a ritmo esponenziale. Il Ticino non sa che farsene di attestazioni di comprensione un tanto al chilo. Il Consiglio federale si trova infatti in una situazione di grave imbarazzo. La libera circolazione delle persone, sempre e sistematicamente respinta dal nostro Cantone, ha causato un disastro sul mercato del lavoro, come pure sotto il profilo della sicurezza.
Per restare nel campo del mercato del lavoro, basti pensare che nel 2005, non nel Medioevo, in Ticino c’erano 35mila frontalieri di cui 17mila nel terziario. Oggi i frontalieri sono oltre 54mila, di cui ben 29mila (!) nel terziario. Nel corso dell’anno 2011 i frontalieri sono aumentati di 6000 unità, mentre i nuovi posti di lavoro creati sono solo 3000. E’ evidente, quindi, che è in corso proprio quel fenomeno che il Consiglio federale si ostina a negare contro ogni evidenza, ossia la sostituzione dei lavoratori residenti con frontalieri.
Ed è inutile che il Consiglio federale continui a ripetere la solita trita manfrina sul divieto di favorire i lavoratori residenti rispetto ai frontalieri contenuto negli Accordi bilaterali. Proprio questo divieto di non discriminazione deve essere forzato tramite delle regole “ad hoc” in considerazione della situazione unica in cui si trova il nostro Cantone, a diretto contatto con una nazione bancarottiera. Perché se confinare con la Francia o con la Germania è un problema, confinare con l’Italia costituisce un problema doppio.
Il Consiglio federale non si illuda di potersi lavare la coscienza con la clausola di salvaguardia applicata ai permessi B rilasciati ai cittadini di 8 nuovi Stati membri UE, perché tale misura, pur interessante sotto il profilo del segnale politico ai balivi di Bruxelles, è priva di effetti pratici.
A Berna forse non se ne rendono ancora conto, ma la pace sociale in Ticino è minacciata a seguito della libera circolazione delle persone.
Se il Consiglio federale continua a rifiutare l’idea di forme di contingentamento dei frontalieri, rispettivamente di precedenza ai lavoratori residenti, vuol dire solo una cosa: che intende sacrificare il Ticino sull’altare dell’obbedienza ai suoi padroni dell’Unione europea. E la ministra Widmer Schlumpf pretendeva addirittura che issassimo la bandiera blu stellata in occasione delle giornate dell’Europa…
Lorenzo Quadri
CN Lega