Il 9 giugno si voterà sull’elezione popolare del Consiglio federale. Attualmente infatti il Consiglio federale è eletto dal Parlamento, con esiti che non rispettano i risultati delle elezioni. Il principio del “chi vince le elezioni comanda”, che dovrebbe essere elementare in qualsiasi democrazia, non è invece messo in atto, come dimostra il caso della ministra del 5% Widmer Schlumpf.
Si potrebbe dire, ed infatti c’è chi lo dice, che l’elezione popolare del Consiglio federale è un falso problema. Avrebbe potuto esserlo. Ma il problema è diventato reale in quanto da un lato le Camere federali, nel scegliere i Consiglieri federali hanno abusato delle proprie facoltà, non rispettando i risultati elettorali dei partiti. Dall’altro anche il Consiglio federale ha abusato della propria posizione, contraddicendo la volontà popolare su temi della massima importanza per il futuro della nazione. E’ ad esempio il caso della questione europea, come pure del segreto bancario (sostenuto da una solida maggioranza di cittadini elvetici). Ciò è possibile perché il Consiglio federale non deve rendere conto al popolo delle proprie scelte.
Questo doppio abuso ha reso reale un problema che, se ciascuno avesse svolto i propri compiti senza fare il furbo, sarebbe rimasto solo virtuale.
E’ quindi corretto pensare di cambiare sistema.
Obiezioni – aria fritta
Il Consiglio federale eletto dal popolo responsabilizzerebbe anche gli elettori stessi.
Se manderà in governo persone che non si attengono al mandato ricevuto, o non all’altezza del compito, il popolo non potrà che biasimare se stesso.
Le obiezioni di ingovernabilità che vengono sollevate in caso di elezione popolare del Consiglio federale sono aria fritta. I municipi sono eletti dal popolo, i governi cantonali sono eletti dal popolo, non si vede perché la stessa regola, se applicata al Consiglio federale, dovrebbe provocare disastri. L’elezione popolare di un governo non è certo una novità per la Svizzera.
Nemmeno si può sostenere che dover affrontare una campagna elettorale costituirebbe un onere insostenibile per i ministri in carica che si ripresentano. Perfino il presidente degli Stati Uniti nell’anno elettorale deve governare e fare il candidato, non ci si venga a raccontare che questo è impossibile in Svizzera.
C’è poi un’altra questione che raramente viene sollevata ed è la seguente. Negli ultimi anni, le Camere federali hanno mostrato una spiccatissima tendenza ad eleggere i Consiglieri federali solo tra i propri membri o, a voler esagerare, ex membri. Questo significa che un Consigliere di Stato, che svolgendo un ruolo governativo è probabilmente più adatto a fare il ministro rispetto ad un parlamentare (sia pure di lungo corso) è già quasi tagliato fuori di bel principio. Questo evidentemente non giova all’elezione di ministri valida. L’autoreferenzialità delle camere federali è un problema da non sottovalutare.
Il Ticino
Il punto dolente dell’iniziativa su cui voteremo il 9 giugno, è noto, riguarda la rappresentatività delle minoranze. L’iniziativa prevede che il Consiglio federale siedano almeno due latini. Questo non vuole ovviamente dire che non ce ne possono essere di più. Realisticamente, comunque, il Ticino è già adesso tagliato fuori dal massimo esecutivo elvetico. Lo è da 14 anni, e continuerà ad esserlo per un bel pezzo. La recente bocciatura della proposta di portare a nove il numero dei membri del Consiglio federale a nove, incrementato le nostre chance, lo conferma.
Quindi, esclusi per esclusi, è meglio optare per un governo che debba rispondere al popolo e che, pertanto, sia tenuto a rispettarne ed applicarne le decisioni. Questo è sicuramente nell’interesse del Ticino. Magari anche più di un consigliere federale ticinese. Che potrebbe anche essere europeista. Perché naturalmente, il solo fatto che un ministro sia ticinese, di certo non è di per sé sufficiente a garantire che lui o lei lavorerà negli interessi del Ticino.
Lorenzo Quadri
CN Lega