La pretesa di moltiplicare le cadreghe rimane lì, aggrappata come una cozza allo scoglio

E ti pareva! Eccola ancora lì, aggrappata come una cozza allo scoglio, la pretesa di portare il numero dei membri del governicchio federale da 7 a 9. Già 5 anni fa c’era stato un tentativo. Ma alla fine, il parlamento disse njet. Sul tema sono inoltre state presentate alcune mozioni in Consiglio nazionale, che però nemmeno sono state trattate del plenum causa decorrenza dei termini (in CN, se una mozione non viene evasa entro due anni dall’inoltro, decade automaticamente).

Ping pong

Adesso è il  turno di un’iniziativa parlamentare depositata da una consigliera nazionale $ocialista. In aprile la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale (CIP-N) si era espressa a favore. In giugno, l’omologa Commissione del Consiglio degli Stati (CIP-S) l’ha invece respinta. L’oggetto è pertanto tornato alla Commissione del Nazionale, la quale ha ribadito il proprio sostegno per 13 voti a 10. Alla fine del rimpallo tra le CIP, a statuire dovranno essere le due Camere. Quindi il Consiglio nazionale e quello degli Stati. Che magari si troveranno pure in disaccordo.

Il festival dei pretesti

Come ovvio, la richiesta di moltiplicazione biblica delle cadreghe viene giustificata con pretesti politikamente korrettissimi. Ad esempio “la rappresentatività”, “la concordanza a lungo termine”, “il carico di lavoro” degli attuali 7 camerieri di Bruxelles, e via sproloquiando.

E’ evidente che si tratta invece di una banale cadregopoli. In cui gli interessi del Paese non contano un tubo.

Accade infatti che a Berna la partitocrazia si trovi confrontata con un problemino: i Verdi-anguria hanno zero seggi in Consiglio federale, mentre l’ex partitone ne ha due. Se si guarda la composizione della Camera del popolo, ossia del Consiglio nazionale, la discrepanza è plateale: i liblab detengono, su un totale di 200 posti, 29 cadreghe; i Verdi-anguria 30. Agli Stati, “grazie” all’elezione col sistema maggioritario, la situazione risulta compensata: nel senso che il PLR occupa 12 poltrone su 46 ed i Verdi solo 5. Alle elezioni federali del 2019, il PLR ha staccato il 15,1% dei consensi, i Verdi il 13.2%: una distanza troppo modesta per giustificare che i primi abbiano 2 Consiglieri federali ed i secondi 0.

Altro che “clima”!

E’ da inizio legislatura che i Verdi reclamano a gran voce un posto nel governicchio federale. Altro che “ambiente”, altro che “clima”: la priorità è un’altra. Ovviamente a scapito del fu partitone, il quale è sovrarappresentato. In vista delle elezioni del 2023, dunque, la cadrega del binazionale KrankenCassis scanchigna (tanto più che il diretto interessato risulta sistematicamente ultimo nelle graduatorie di popolarità). E tuttavia gli ecologisti si trovano in imbarazz, tremend imbarazz. Perché, se vogliono una sedia in CF, delle due l’una: o la sfilano da sotto le ciapett di un “ticinese” (tra varie virgolette), quindi dell’ esponente di una minoranza, oppure la portano via ad una donna, Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS). La legge del contrappasso: il politikamente korretto si ritorce contro i suoi fautori. Naturalmente i Verdi potrebbero proporre una donna. Ma sarebbe comunque poco pagante, per chi ogni tre per due si riempie la bocca con la parità di genere, sostituire una donna con un’altra invece di aumentare le presenze femminili. All’ipotesi che, per i motivi indicati sopra, i Verdi potrebbero puntare su una donna “ticinese” non vogliamo nemmeno pensare, tanto è spaventevole.

Aggiungi un posto a tavola

Tuttavia, a presentare l’iniziativa per i 9 Consiglieri federali è una $ocialista. Cosa c’entra il P$? Potrebbe in effetti accadere che nel 2023, a dipendenza dei risultati elettorali e soprattutto di qualche magheggio parlamentare, i Verdi ottengano sì la bramata cadrega, ma portandola via ad un ro$$o. Del resto, l’opzione di un Consiglio federale a 7 in cui siedono due ro$$i ed un verde, oltre ad essere devastante, sarebbe anch’essa poco rappresentativa: mezzo governicchio federale composto da kompagni ro$$overdi (3 su 7) quando nel Paese reale l’area politica in questione arriva a fatica al 30% dei consensi?

Ecco quindi che nel giochetto cadregaro la soluzione più semplice diventa quella di aggiungere due posti a tavola: così i Verdi ottengono il bramato sedile senza buttar fuori nessuno, e tutti vissero felici e contenti, nel segno della “concordanza”. Che poi proprio i kompagni, quelli che – con un golpe parlamentare ordito assieme agli uregiatti – nel 2007 espulsero Blocher dal governo malgrado avesse VINTO le elezioni, adesso tentino di spacciarsi per paladini della concordanza, è l’ennesima dimostrazione della faccia di lamiera di certi politichetti.

Paladini delle quote

Ovviamente pompare il Consiglio federale torna comodo anche ai paladini delle quote. Ossia a quelli che insistono nel voler incrostare nell’Esecutivo delle nullità perché appartengono al genere giusto, provengono dalla regione linguistica giusta, un domani perché hanno l’orientamento sessuale richiesto (LGBT), e via con i criteri di nomina “creativi”. Poi ci chiediamo come mai la Svizzera si è ridotta a zerbino d’Europa.

Altro fattore da considerare è il costo dell’operazione: 2 Consiglieri federali in più non significa 2 stipendi in più. Significa due dipartimenti in più, con tutto il circo equestre burocratico che ciò comporta. Sono spese per decine di milioni ogni anno. Senza alcun valore aggiunto per il Paese. Solo per soddisfare i giochetti cadregari della partitocrazia.

Morale: Consiglio federale pompato a 9 membri? Anche no!

Lorenzo Quadri