Sicché quelli che il rispetto della volontà popolare non sanno nemmeno dove sta di casa hanno recentemente consegnato 110mila firme contro il “maledetto voto” del 9 febbraio. Un voto che loro vorrebbero cancellare dalla faccia della Terra perché non in linea con l’ideologia delle frontiere spalancate. Chi vuole annullare il 9 febbraio, ormai l’hanno capito anche i paracarri, vuole annullare la Svizzera.
“Apartitici” una fava!
Interessante notare come i promotori dell’iniziativa “del vicolo cieco” (finanziata dal miliardario residente negli USA: dove paga le tasse costui, ammesso che le paghi?) si dichiarino “non legati ad alcun partito”. Si tratta, è evidente, di una misura di protezione del partito. Il quale, però, c’è eccome. Del resto, basta guardare chi sono i supporter presunti illustri (tra cui lo strasussidiato pagliaccio Dimitri e la Pipilotti Rist, che in occasione dell’allora expo.01, voleva addobbare Yverdon con genitali maschili): fanno tutti parte della schiera degli intellettualini rossi. Quelli che, invitati e slinguazzati con somma libidine dalla radiotelevisione di sedicente servizio pubblico finanziata (non “foraggiata” perché sennò il kompagno direttore si offende) col canone più caro d’Europa, abusano dei titoli accademici per contrabbandare come posizioni “scientifiche” quelle che in realtà sono, semplicemente, fregnacce ideologiche.
Paese diviso?
Il comitato promotore dell’iniziativa del vicolo cieco, dunque, non è in alcun modo apartitico e soprattutto non è rappresentativo dei cittadini: è un comitato di partito che rappresenta unicamente una piccola minoranza.
La finalità dell’iniziativa è chiara. Non tanto la votazione popolare: il ri-voto, peraltro posizionato temporalmente in un futuro indeterminato, non farebbe che confermare il 9 febbraio. L’obiettivo è invece il sabotaggio, ovvero l’indebolimento, della posizione della Svizzera nei confronti degli eurofalliti in tempo di trattative: si vuole dare l’impressione di un paese diviso, impaurito dalla propria stessa audacia. Un paese che potrebbe rimangiarsi il “maledetto voto”. Così non è, e questo deve essere chiarissimo. A fare stato è l’esistente. E ad esistere è la volontà popolare espressa il 9 febbraio. Solo questa conta.
Scassinatori della Costituzione
Ma i promotori – nient’affatto trasversali o apartitici, ma tutti gravitanti attorno al P$ – dell’iniziativa del vicolo cieco non sono di certo gli unici aspiranti rottamatori della volontà popolare. Si è parlato poco, ad esempio, del tentativo degli uregiatti e del PBD (il partito della quasi ex ministra del 4% Widmer Schlumpf) di far inserire nella Costituzione federale la collaborazione con l’UE. Tentativo bocciato nei giorni scorsi dalla Commissione della politica estera del Consiglio nazionale.
Apperò. Ecco come i partiti sedicenti “di centro” rispettano la volontà popolare. E questi sono, oltretutto, gli stessi che, ogni volta che un’iniziativa popolare a loro non gradita viene approvata, starnazzano contro l’inserimento nella Costituzione di norme “di rango non costituzionale”. Il nuovo articolo 121 a votato il 9 febbraio 2014 stabilisce che l’immigrazione in Svizzera la controlliamo noi. Questa norma merita di essere inserita nella Costituzione: un paese che non decide in modo autonomo chi accogliere è un paese finito. Inserire nella Costituzione la collaborazione con gli eurofalliti è, invece, una scempiaggine che grida vendetta. Esiste in qualche altra parte del mondo una Costituzione, fosse anche di una repubblica delle banane, che contiene disposizioni del genere? Disposizioni che tra l’altro c’entrano con il rango costituzionale come il burro con la ferrovia (ma evidentemente qui va tutto bene, perché “bisogna aprirsi all’UE”)?
E soprattutto: adesso che si dovrebbe andare a litigare con l’UE per portare a casa il 9 febbraio, vogliamo scassinare la Carta fondamentale della Svizzera inserendoci un obbligo di “volemose bene”?
Questa proposta è altrettanto vergognosa dell’iniziativa del vicolo cieco. I suoi autori, PPDog e PBD, non devono dunque rimanere senza la loro meritata parte di ludibrio.
Lorenzo Quadri