Come sempre quando si tratta di finti rifugiati, la spesa rimane avvolta nella nebbia
La notizia, resa pubblica nelle scorse settimane, che il gruppo cassamalataro CSS ha vinto il concorso indetto dalla Confederella – era l’unico offerente – per la copertura assicurativa dei migranti economici ospiti dei centri d’accoglienza, ha suscitato non poca contrarietà tra chi è affiliato a questo assicuratore. D’altra parte, non è certo da oggi che Intras (gruppo CSS) copre le spese mediche degli asilanti. Lo fa da anni.
Ed a questo proposito se ne sono viste – e se ne vedono – di ogni. Ad esempio i casi di cittadini eritrei, quindi finti rifugiati che non scappano da nessuna guerra, che arrivano in Ticino affetti da tubercolosi. In un’occasione, ad esempio, un richiedente l’asilo con la tubercolosi ha trascorso svariate settimane all’Ospedale italiano di Lugano, in camera di isolamento. Medici, infermieri, psicologi, interpreti, inservienti, eccetera, dovevano entrare ed uscire con la tuta batterica monouso, e poi sottoporsi alla doccia disinfettante. E di casi analoghi ce ne sono stati – e ce ne saranno di certo ancora – svariati altri nel Cantone. Evidentemente questo genere di cure un costo alquanto elevato. Il conto lo paga il contribuente.
Inutile dire che l’eritreo ex paziente dell’Ospedale italiano dopo qualche tempo era in giro tranquillo e beato con smartphone ultimo modello in mano e scatola di birra sottobraccio.
Trasparenza vs censura
L’ammontare delle spese sanitarie dei finti rifugiati riveste un chiaro interesse pubblico. Quindi andrebbe anche reso noto. In nome di quella trasparenza che tanto piace ai $inistrati del “devono entrare tutti” (piace, va da sé, solo quando fa comodo a loro). Del resto, come ben sappiamo, già i costi totali dell’asilo rimangono avvolti nelle nebbie: per cui, figuriamoci i costi specifici delle cure mediche erogate ai finti rifugiati.
E’ chiaro: queste nebulose dipendono direttamente da quel fenomeno di censura evidenziato in Germania da un recente studio commissionato all’istituto Allenbach e pubblicato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Dall’indagine demoscopica è infatti emerso che solo il 20% degli interpellati si sente libero di esprimere le proprie posizioni in pubblico in tema di migrazione e di finti rifugiati. Troppo forti sono i condizionamenti del politikamente korretto.
Questo fenomeno di autocensura indotta da anni di lavaggio del cervello a sostegno del multikulti, e di denigrazione sistematica di chi ha invece posizioni contrarie, è ben presente anche da noi. Magari in misura ancora maggiore che in Germania. Si sa che i finti rifugiati generano notevoli costi dal profilo sanitario, però si preferisce passare l’acqua bassa e non protestare, onde evitare infamanti (?) accuse di “razzismo”.
I ricatti
Per costi sanitari si intende evidentemente non solo quelli legati a malattie, ma anche ad infortuni vari. E’ di inizio settimana la notizia che, al centro per richiedenti l’asilo di Chiasso, 5 migranti economici nordafricani hanno generato disordini. Due di loro, per protesta, si sono autoinflitti delle ferite. E’ ovvio che questo è un mezzo per ricattarci. L’accaduto ha reso necessario l’intervento della polizia, oltre al trasporto in ospedale in ambulanza dei cinque facinorosi per le cure del caso.
Anche qui, sarebbe interessante sapere quanto è costato al contribuente questo ennesimo intervento: sia in spese mediche che di polizia! E dato che le operazioni di polizia ai centri asilanti non sono certo “merce rara”, altrettanto interessante sarebbe conoscerne il costo totale annuo.
Intanto, in Germania…
E’ quindi più che normale – altro che “razzismo e fascismo” – che il contribuente si interroghi sui costi sanitari generati dagli asilanti, e che pretenda di avere delle cifre chiare e veritiere.
A proposito: la Germania dell’Anghela Merkel, che con le sue politiche d’accoglienza scellerate ha aizzato milioni di africani ad immigrare clandestinamente in Europa, da inizio anno sta espellendo in media 60 migranti al giorno. Non male. Ma dovrebbe rimandarne a casa molti di più. Però i finti rifugiati escogitano sempre nuovi stratagemmi per restare.
Negli ultimi tempi, secondo le cronache tedesche, l’escamotage che va per la maggiore è quello di dichiararsi omosessuale, visto che in Tunisia, Algeria e Marocco i gay vengono perseguiti. Un immigrato tunisino espulso per legami con l’estremismo islamico ha potuto evitare il rimpatrio proprio con questa motivazione. Siamo davvero messi bene!
Lorenzo Quadri