Come previsto, la sessione straordinaria si è risolta in unvacuo teatrino elettorale

La cosiddetta sessione speciale delle Camere federali è stata esattamente quello che prometteva di essere: un teatrino inconcludente, “in favore di telecamera”, convocato perché taluni politicanti bramavano di mettersi in mostra in vista delle elezioni federali. Contano come il due di briscola, ma – per motivi di ego – devono assolutamente far sapere alla nazione (?) che esistono anche loro. La fattura di questa desolante passerella, con dibattiti che si sono protratti fino all’una e mezza di notte, la salda il solito sfigato contribuente.

Già deciso

Da decidere non c’era infatti un bel niente. Come noto, i 109 miliardi di franchi di garanzie erano già cresciuti in giudicato. Il voto del parlatoio federale non avrebbe cambiato una virgola.

Questo punto di partenza ha portato alla bocciatura dei crediti. I soldatini bernesi non avevano la responsabilità di evitare lo schianto del Credit Suisse con tutte le conseguenze del caso per dipendenti, clienti, piazza finanziaria, enti pubblici, eccetera. L’avessero avuta, poco ma sicuro che si sarebbe assistito ad un altro genere di teatrino, anch’esso sempre più frequente: prima il fuoco di fila di argomenti a sostegno del No, poi il voto Sì.

I paletti

Ironia della sorte (o piuttosto: della politichetta): il no ai 109 miliardi viene argomentato con i vincoli insufficienti a cui erano legati i crediti d’impegno. Il risultato è che, con la bocciatura dei crediti, il parlamento ha bocciato anche i vincoli. Che quindi sono passati da pochi a zero.

Il parlatoio, invece di starnazzare tanto per mettersi in mostra su decisioni già prese, avrebbe fatto meglio ad occuparsi di quel che davvero gli compete: i paletti da porre alle aziende che sono “troppo grandi per fallire” (too big to fail). Per questo non serviva inventarsi sessioni straordinarie.

E’ prioritario evitare che imprese di rilevanza sistemica, a partire proprio dalla “nuova” UBS XXL, diventino delle società “con garanzia dello Stato”. E quindi con obbligo del contribuente di tirarle fuori della melma se le cose si mettono male. Magari a seguito di cappellate commesse da avidi manager stranieri. E’ stato proprio questo il caso di Credit Suisse, mandato a fondo da CEO-foffa in arrivo dall’America e dalla Costa d’Avorio.

La Confederella non deve diventare ostaggio di multinazionali che di svizzero hanno solo il nome (a scopo di marketing) ma che in realtà sono in mani estere.

Guidate da svizzeri

E’ quindi logico che, se un’azienda è di rilevanza sistemica nel nostro Paese, deve anche essere guidata da svizzeri (non da sauditi, americani o ivoriani) e deve tenere conto degli interessi elvetici.

Il governicchio federale dovrà dunque darsi una mossa per stabilire regole in tal senso. Non lo ha fatto ai tempi del salvataggio di UBS. E quindi non può permettersi, dopo la débâcle del CS, un’altra operazione nel segno del “passata la festa, gabbato lo santo”. Questo è il senso politico del No alle garanzie per 109 miliardi. Ma per la “politica dei segnali” non si convocano sessioni straordinarie.

E’ tuttavia ridicolo montare la panna su presunti danni d’immagine a livello internazionale (?) provocati dal No. Questi danni non esistono. Il motivo è ovvio: visto che il No non vale nulla, all’estero verrà dimenticato in un battito di ciglia; ammesso e non concesso che qualcuno l’abbia notato. I soldatini alle Camere federale si sovrastimano!

Chiamare alla cassa

Per quel che riguarda il passato, occorre chiamare alla cassa i responsabili del tracollo di CS. Pretendendo, come minimo, la restituzione di bonus e salari stellari. Invece di pensare aconfiscare, ossia a RUBARE, i beni dei cosiddetti “oligarchi russi” (che mai hanno fatto danni in Svizzera) la Confederella pensi piuttosto a prelevare gli averi dei CEO di Credit Suisse e ad utilizzarli per piani sociali a sostegno dei lavoratori che perderanno il posto!

Ma, chissà perché, ancora una volta si scoprirà che “sa po’ mia”. Eh già: quando ci sono di mezzo gli interessi dei cittadini elvetici,bisogna attenersi pedissequamente ad ogni cavillo. Invece, se si tratta di ubbidire ai balivi di USA, UE e NATO, Costituzione e Stato di diritto possono finire senza problemi nel water.

Almeno questa…

C’è poi ancora in ballo l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Credit Suisse. Su questo dovrà decidere l’Ufficio presidenziale del Consiglio degli Stati a metà maggio. Le Commissioni parlamentari d’inchiesta – ossia deputati che giocano a fare i piccoli Sherlock Holmes – non cavano un ragno dal buco. Servono solo ai loro membri per mettere fuori la faccia sui media (così l’ego si gonfia) e per fatturare al contribuente i gettoni di presenza. C’è quindi da sperare che, dopo la farsa della sessione straordinaria, almeno questo ulteriore teatrino della politichetta autoreferenziale ci sarà risparmiato. Ma è facile prevedere che non andrà così. Specie in prossimità delle elezioni.

Lorenzo Quadri