Come era ampiamente scontato, i crediti anti-coronavirus a tasso zero e garantiti dalla Confederella – ovvero dai contribuenti – sono stati letteralmente presi d’assalto. Si ricorda che per i crediti sotto il mezzo milione la garanzia federale copre l’importo totale; per quelli tra i 500mila ed i 20 milioni, la copertura è dell’85%. Quindi il 15% di rischio se lo assume la banca. La quale, di conseguenza, svolge qualche controllo in più prima di aprire i cordoni della borsa. Se invece garantisce tutto lo Stato… “largesse”!
Ad inizio settimana i crediti “covid 19” concessi dalle banche in Ticino avevano già raggiunto la stratosferica quota di 750 milioni, e scusate se sono pochi.
Soldi del contribuente
Come già scritto su queste colonne, è senz’altro lodevole che la Confederazione abbia concepito un sistema rapido e non burocratico per sostenere le piccole e medie imprese messe nella palta dal maledetto virus. Ma forse l’accesso agli aiuti è stato fin troppo facilitato ed apre la porta ad abusi. Ad esempio, quelli di chi chiede più crediti in varie banche.
Un credito garantito dalla Confederazione non è garantito dalla kompagna Sommaruga o da Cassis. E’ garantito dal contribuente. Il quale, in un modo o nell’altro, dovrà passare alla cassa! E non vorremmo che a qualcuno venisse poi la bella idea di tramutare i crediti in contributi a fondo perso! Il che, tra l’altro, equivarrebbe anche a discriminare quelle aziende che hanno rinunciato a chiederne per non aumentare il proprio indebitamento, e malgrado le difficoltà tentano di farcela con le proprie forze.
Furbetti italici
Inoltre, il Ticino non è la Svizzera interna. Grazie alla devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia, alle nostre latitudini si sono insediate centinaia di società-foffa in arrivo dalla vicina Penisola, le quali aspettano solo di attaccarsi alla mammella pubblica (“tanto gli svizzerotti sono fessi e non si accorgono di niente”). A Berna non si rendono minimamente conto di cosa significhi confinare con il Belpaese in regime di frontiere spalancate. Ma col fischio che siamo disposti a tollerare che i nostri soldi finiscano nelle tasche dei furbetti dell’italico quartierino!
Alcune misure
E’ quindi chiaro che occorre procedere con alcuni correttivi. Onde evitare la distribuzione allegra di miliardi (!) garantiti dalla Confederazione ovvero da noi, sarebbe più che opportuno che le banche fossero tenute ad assumersi il rischio del 15% anche per i crediti sotto i 500mila Fr.
Inoltre, ci pare ovvio che le società che sono state fondate dopo l’introduzione dei crediti gratuiti non dovrebbero potervi attingere. Siamo sicuri che sia davvero e sempre così?
Sarebbe poi bello (eufemismo) che, nell’erogazione di aiuti statali, si tenesse conto anche della politica d’assunzione delle aziende che li richiedono. Chi ha assunto frontalieri a go-go per ingrassarsi a scapito dei residenti, adesso può anche attaccarsi al tram. Come distinguere? Società del settore terziario stipate di frontalieri, gli aiuti li possono volentieri chiedere al governo di Roma.
Infine, visto che si parla di cifre astronomiche, sarebbe utile avere un report settimanale non solo sui crediti gratuiti erogati, ma anche sugli abusi scoperti. Se dovessero diventare troppi, occorrerà cambiare sistema.
Non c’è trippa per gatti
Forse qualcuno (magari pensando di essere in vacanza) non si è ancora reso conto che sta per piombarci addosso una crisi economica ed occupazionale di proporzioni immani. Con simili prospettive, è evidente che non ci possiamo permettere di sprecare soldi! Quindi, è giusto aiutare quelle società virtuose, che assumono ticinesi, finite nella palta a causa del virus. Mentre è intollerabile che qualche furbetto – di qualsiasi provenienza – approfitti della disgrazia per farsi gli zebedej di platino con i contributi pubblici!
Lorenzo Quadri