Come volevasi dimostrare, il contribuente svizzerotto dovrà tappare un buco miliardario

Sui crediti covid con garanzia della Confederella si cominciano a tirare le somme. E ciò che emerge non è esattamente rallegrante.

Il 31 luglio scadeva infatti la data per l’inoltro delle richieste.

Ebbene, ha indicato nei giorni scorsi l’Associazione bancaria ticinese (ABT), in totale nel nostro Cantone sono stati chiesti 1.3 miliardi di Fr in crediti anti-virus cinese. E, come c’era da attendersi, la parte del leone la fanno i crediti integralmente garantiti dalla Confederazione (ovvero dal solito sfigato contribuente). Essi infatti ammontano a quasi 1.1 miliardi. Ricordiamo che i crediti con garanzia federale “totale” sono quelli  fino a 500 mila franchi. Non rischiando assolutamente nulla, gli istituti di credito li hanno elargiti in scioltezza, senza verifiche.

Per contro, se la somma richiesta è superiore al mezzo milione, la garanzia federale è limitata all’85%. La differenza tra le due tipologie emerge con prepotenza.  Tramite i crediti coperti all’85% sono stati elargiti “solo” 270 milioni. Evidentemente perché in questi casi le banche qualche controllo l’hanno fatto, dato che rischiavano anche del loro.

La percentuale più alta

Non solo: il Ticino è di gran lungo il Cantone con la più alta percentuale di crediti covid concessi.

E a tal proposito, come già scritto su queste colonne, c’è ragione di temere il peggio sul fronte degli abusi. Ancora una volta per questa situazione possiamo ringraziare la devastante libera circolazione, che ci ha riempiti di imprenditoria-foffa in arrivo dal Belpaese.

Non dimentichiamo, ad esempio, la pletora di società bucalettere che si sono insediate in Ticino. Società i cui titolari risiedono però oltreramina. Quanti di costoro hanno chiesto  – e naturalmente ottenuto – un credito covid garantito dalla Confederazione, per poi darsi alla macchia?

E’ evidente che i burocrati bernesi, per l’ennesima volta, hanno clamorosamente sottovalutato cosa significa confinare con il Belpaese in regime di devastante libera circolazione delle persone.

Costoro, svelti come gatti di marmo, nemmeno si rendono conto di ciò che implica aprire i confini, ed addirittura i cordoni della borsa, ai furbetti dell’italico quartierino.

All’elenco dei danni provocati dalle frontiere spalancate volute dalla casta, bisogna ora anche aggiungere l’assalto alla diligenza dei crediti covid. Un assalto alla diligenza che la Lega ed il Mattino sono stati i primi a denunciare. E su cui ovviamente pretendiamo sia fatta chiarezza totale: ci sono in ballo MILIARDI di proprietà del contribuente! Sicché vogliamo conoscere il  numero degli abusi, le somme interessate, nonché nazionalità e domicilio di chi li ha commessi.

Criteri mai modificati

Inutile dire che il governicchio federale non si è mai sognato di modificare i criteri di elargizione di crediti covid garantiti dallo Stato (ossia da noi). Questo malgrado fosse stato messo in guardia più volte. E sì che sarebbe bastato poco per correggere il tiro in modo sostanziale. Se solo, come proposto dalla Lega, si fosse ridotta la garanzia federale all’85% per tutti i crediti, lo scenario sarebbe stato diverso.

Guai ad ammettere…

Ma naturalmente siamo ben consapevoli che la votazione del 27 settembre sull’iniziativa “di limitazione” (contro la libera circolazione) si avvicina. E allora, guai ad ammettere che l’immigrazione incontrollata, ovvero il diritto di 500 milioni di cittadini UE ad immigrare in Svizzera, comporta per il nostro Paese dei problemi gravi ad ogni livello: compreso quello dei crediti da covid.

Eh già: perfino il sondaggio farlocco realizzato nei giorni scorsi dall’emittente di regime assieme ai galoppini della gfs.bern, specializzati in indagini taroccate pro-libera circolazione delle persone, non permette ai camerieri dell’UE in Consiglio federale di dormire sonni tranquilli.

Naturalmente l’ennesimo sondaggio farlocco assicura che la maggioranza dei cittadini elvetici sarebbe contraria alla limitazione dell’immigrazione. Ma la maggioranza in questione è del 61%. Mica dell’80%.

Il 60% è la stessa percentuale di svizzeri che, sempre secondo i medesimi sondaggisti al soldo della casta, sarebbe favorevole addirittura allo sconcio accordo quadro istituzionale. Quello trasformerebbe la Confederazione in una colonia di Bruxelles.

E’ chiaro che, su simili dati, la partitocrazia eurolecchina non può fare grande affidamento. Tanto più che, nei mesi scorsi, lo stramaledetto virus cinese ci ha impestati per colpa della libera circolazione delle persone e delle frontiere spalancate. La partitocrazia ha un bel tentare di nasconderlo; di minimizzare; addirittura di negare l’evidenza. I cittadini non hanno certo dimenticato.

Lorenzo Quadri