In Ticino ci sono circa 12mila persone a beneficio dell’AI, e 1358 di questi sono frontalieri. Quindi più del 10% del totale, non una percentuale irrisoria. Lo dice il governo cantonale rispondendo ad un’interrogazione del deputato leghista Massimiliano Robbiani.
Senza voler generalizzare perché ogni storia è diversa dall’altra, tuttavia davanti a cifre di questa entità nascono alcuni giustificati quesiti supplementari.
Motivi psichici?
Ad esempio sull’ammontare della cifra che varca il confine tramite AI. Si tratta di parecchi milioni, ovviamente; ma non si dice quanti.
Il CdS informa che dei 1358 frontalieri in invalidità , 221 lo sono per motivi psichici. “Motivi psichici” e “mal di schiena” sono le cause di inabilità lavorativa più difficili da verificare. In alcuni casi sono indubbiamente vere; in altri molto meno. Sappiamo quanti frontalieri sono in AI per motivi psichici (221 appunto) ma non quanti lo sono per mal di schiena.
Chi ha redatto i certificati?
Altra informazione è quella relativa ai certificati medici di questi frontalieri invalidi. Chi li ha redatti? Forse un qualche medico italiano compiacente, magari dietro compenso? Sono stati opportunamente verificati?
Visto che siamo notoriamente populisti e razzisti non ci facciamo problemi nel dire che sui certificati AI dei frontalieri i controlli devono essere strettissimi. Queste rendite vanno infatti a beneficio di persone che non vivono in Ticino. Quindi non pagano la cassa malati, non devono fronteggiare i costi della vita in Svizzera e, come se non bastasse, a seguito dell’abbandono del tasso minimo di cambio con l’euro si trovano con la rendita aumentata del 15%. Inoltre anche i contribuiti AVS da versare ammontano ad un forfait di 500 Fr annui.
Se la passano molto meglio
Chiaramente la rendita AI non viene spesa in Svizzera e nemmeno viene adattata al costo della vita in Italia. La stessa cosa accade ad esempio con gli assegni per i figli: quelli elvetici sono un multiplo di quelli italiani. Il che è un totale controsenso, visto che i figli dei frontalieri vivono in Italia (costi della vita italiani) e non in Svizzera.
Un invalido che vive in Ticino spesso tira la cinghia. Un (ex) frontaliere invalido se la passa molto meglio, grazie alla rendita pagata dagli svizzerotti.
A questo punto ci piacerebbe anche sapere che controlli vengono effettuati. Perché di storielle di ex frontalieri invalidi sedicenti “invalidi” e che poi in Italia lavorano tranquillamente in nero senza alcun controllo cumulando redditi, se ne sentono a sufficienza.
Presi per il “lato b”?
Nella situazione attuale i cittadini ticinesi hanno fondati motivi per credere che tra i 1358 frontalieri invalidi ce ne siano di fasulli. Magari nemmeno pochi. Al proposito è opportuno ricordare che quando in Svizzera interna a qualcuno venne il ghiribizzo – chissà come mai c’è chi si fa venire queste strane idee? Tutti populisti e razzisti? – di ingaggiare una società privata per verificare cosa facevano i tanti cittadini balcanici beneficiari di una rendita AI e tornati al natìo paesello, la società in questione dovette rinunciare al mandato dopo poco dopo a causa delle minacce ricevute dai sedicenti “invalidi” balcanici. Ma guarda un po’. E’ dunque evidente che adesso pretendiamo controlli a tappeto sui 1358 invalidi frontalieri.
Il contribuente elvetico un qualche sospetto di venire preso per il “lato b” ce l’ha. A maggior ragione ce l’ha l’invalido vero che vive in Ticino e tira la cinghia. Nel frattempo un numero (quanto elevato?) di finti invalidi ex frontalieri residenti oltreconfine se la passano molto meglio di lui! Cippelimerli, svizzerotti!
Lorenzo Quadri