Ma per i balivi della SECO va tutto bene!
Ancora una volta la nefasta SECO (Segretariato di Stato per l’Economia) si permette il lusso di prendere a pesci in faccia il nostro Cantone.
Non bastava l’uscita demenziale della scorsa settimana, secondo cui le notifiche online dei padroncini non si potrebbero abolire in quanto altrimenti la Svizzera violerebbe l’obbligo di reciprocità. Una boutade di questo genere è altamente sintomatica. Sintomatica del fatto che a Berna non capiscono un tubo della situazione ticinese. Infatti quello che vogliamo è proprio la reciprocità: vogliamo applicare la libera circolazione delle persone come la applica l’Italia, ossia a senso unico e a difesa della forza lavoro residente.
Non ancora soddisfatti della performance della scorsa settimana (che sarebbe bastata per i mesi a venire), alla SECO dovevano (dovevano proprio?) rincarare la dose, presentando nei giorni scorsi i consueti studi fuori di zucca. Secondo tali indagini, con la libera circolazione delle persone andrebbe tutto bene, anche in Ticino. Dumping salariale? Invasione di frontalieri e di padroncini? Sostituzione dei lavoratori residenti con altri, meno pagati, in arrivo da oltreconfine? Ma quando mai! Tutte fantasie!
La bufala del tasso di disoccupazione
Ora, che alle indagini si possa far dire tutto quello che si vuole, a seconda dei desiderata del committente, lo sanno anche i paracarri. E’ inutile che la SECO adduca a sostegno delle proprie astruse tesi che il tasso di disoccupazione in Ticino non ha fatto balzi in avanti.
Il tasso di disoccupazione ufficiale tutto è fuorché una rappresentazione fedele della realtà. Il tasso di disoccupazione comprende solo una parte dei senza lavoro. All’appello ne mancano almeno la metà. Inoltre il tasso di disoccupazione risulta artificialmente abbassato perché, di riforma in riforma, si sono chiusi i rubinetti. Sicché i senza lavoro finiscono o fuori dalle statistiche, oppure in quelle dell’assistenza (a carico di Cantoni e Comuni) o ancora in quelle dell’AI.
Indagini taroccate
Utilizzare le statistiche ufficiali della disoccupazione per tentare di negare, ovviamente pro-sacoccia, che le conseguenze della libera circolazione delle persone per il Ticino sono devastanti, è come dire che un paziente malato di tumore è sano perché non ha l’influenza.
Del resto, si tratta più o meno della stessa operazione che hanno tentato di fare, con la consueta malafede, i redattori frontalieri del Caffè della Peppina domenicale, rimediandoci una figuraccia colossale.
La libera circolazione delle persone ha effetti devastanti in Ticino dovuti al fatto che l’Italia si trova economicamente nel baratro e quindi è partito l’assalto alla diligenza elvetica (nel concreto ticinese) fomentato sia dalla destra che dalla sinistra della vicina Penisola: lo dimostrano i recenti servizi su Panorama e Ballarò (Rai 3) con espliciti inviti ad emigrare in Svizzera.
Cecità dolosa
Ma naturalmente la SECO non sa niente e non vede niente. L’ordine di scuderia ricevuto è che la libera circolazione delle persone va difesa ad oltranza, soprattutto adesso che l’accettazione popolare dei deleteri accordi bilaterali ciurla nel manico. Solo che, con le sue geniali sortite, la SECO non rivaluta la libera circolazione delle persone agli occhi dei ticinesi. Scredita solo sé medesima.
Le cifre che la SECO volutamente ignora sono di un’evidenza solare:
– 56mila frontalieri in Ticino
– 38mila notifiche di padroncini e distaccati attese entro fine 2013 (l’anno scorso erano 23mila e quello prima il 43% in meno)
– Dal 2002 in Svizzera 700mila nuovi immigrati dai Paesi UE.
Oltretutto, nessuno ci toglie dalla testa che, se i 56mila frontalieri su 320mila abitanti e le 38mila notifiche invece che in Ticino si verificassero Oltregottardo, le reazioni della Berna federale sarebbero ben diverse.
E’ chiaro che adesso Consiglio di Stato e Deputazione ticinese alle Camere federali devono farsi sentire e contestare con forza le farneticanti sortite della SECO. Perché 1) finché ci si intestardisce a negare l’esistenza di un problema ben reale, di soluzioni al problema non se ne troveranno mai e 2) a farci prendere per i fondelli da gente che il Ticino l’ha visto se del caso in cartolina, proprio non ci stiamo.
Lorenzo Quadri