Come volevasi dimostrare, le nuove cifre sugli acquisti fatti all’estero dagli Svizzeri sono preoccupanti. Si parla in totale di quasi 9 miliardi di Fr spesi fuori confine nel 2012.
Sono i dati che emergono dalla ricerca effettuata dall’istituto GFK su mandato dei commercianti al dettaglio svizzeri.
I ticinesi figurano in testa tra quelli che vanno a fare la spesa all’estero (nel caso concreto in Italia). Il 41% dei nuclei familiari che vi si reca almeno una volta alla settimana.
Il dato di per sé non sorprende. Con la devastante libera circolazione delle persone voluta dai partiti $torici che ha creato disoccupazione, dumping salariale e povertà; con i premi di cassa malati  alle stelle perché paghiamo anche per altri Cantoni; con i costi della vita che aumentano ma con le entrate che diminuiscono a seguito delle tanto decantate “aperture”, molti ticinesi non sanno più da che parte voltarsi per  far quadrare i conti.
Però: se è comprensibile che chi fa fatica ad arrivare a fine mese faccia determinati acquisti in Italia contando sull’euro debole e sul costo inferiore di certi prodotti, lo stesso non si può dire per chi fa la spesa in Italia malgrado la cinghia non la tiri per nulla.
Andare a fare la spesa in Italia equivale a fare l’ennesimo favore all’economia della vicina Penisola bancarottiera, che ci tratta da Stato canaglia e di cui già siamo diventati riserva di caccia occupazionale (vedi invasione di frontalieri e padroncini), il tutto a scapito dei residenti.

La questione degli orari
C’è tuttavia un’altra questione, che ben emerge dall’indagine GFK. Ossia che parecchi ticinesi fanno la spesa oltreconfine anche per gli orari d’apertura dei negozi più flessibili. Bingo!
Premesso che i diritti dei lavoratori devono venire garantiti, le aperture domenicali dei negozi permettono di creare impieghi (anche per i residenti) ed indotti e servono all’economia.
Oppure, mettendola diversamente: una rigidità anacronistica in campo di orari e giorni di apertura provoca fallimenti di attività commerciali, licenziamenti e perdite di entrate fiscali in Ticino, mentre genera posti di lavoro ed indotti in Italia! E’ questo che vogliamo?
Se si pensa che anche operazioni di per sé di “piccolo cabotaggio” come la proposta di modificare l’ordinanza federale sul lavoro in modo da considerare, tra il turismo che dà facoltà di aprire i negozi la domenica, anche il turismo dello shopping vengono ferocemente avversate dai kompagni, capiamo subito chi vuole danneggiare la nostra economia, causando licenziamenti, per favorire invece quella italiana.
Un certo numero di aperture domenicali risponde alle esigenze dei ticinesi, dei turisti e anche – per quel che riguarda il lato occupazionale – di molte persone, spesso madri, che, avendone la possibilità, arrotonderebbero volentieri il bilancio familiare lavorando qualche ora di domenica.
Anche Lugano, come destinazione turistica oltre che polo economico, deve impegnarsi a far sì che chi vive qui, o viene qui come turista, possa anche spendere qui.
Lorenzo Quadri