Quasi la metà di chi lavora in Ticino non è svizzero
Lo scorso anno ben il 46.1% degli occupati nel nostro Cantone era straniero: questo il dato ufficiale pubblicato nei giorni scorsi, che, come tutti i dati ufficiali, abbellisce la realtà. Dai dati ufficiali emerge pure che i lavoratori stranieri in Ticino nel 2002 erano 77mila mentre 10 anni dopo, ossia nel 2012, erano 102mila.
Bene, eccoci dunque alla resa dei conti. Alla faccia di chi, come la SECO, insiste nel venirci a dire che con la libera circolazione delle persone va tutto a meraviglia. E anche alla faccia di chi, come il presidente dell’ex partitone, dichiara con bella sicurezza, dalle pagine del domenicale politico antileghista fatto da frontalieri (Caffè della Peppina), che “i frontalieri fanno quei lavori che i ticinesi non vogliono più fare” (sic!).
I dati freschi di pubblicazione, appena resi noti sul sito del Cantone, raccontano una storia ben diversa. Altro che va tutto bene, altro che “fanno i lavori che i ticinesi non vogliono più fare”.
In Ticino continua ad aumentare il numero degli occupati stranieri, mentre diminuisce il numero degli svizzeri.
Nel 2002, i lavoratori stranieri in Ticino erano 77mila. Dieci anni dopo, nel 2012, erano 102 mila. Quindi in 10 anni 25mila lavoratori stranieri in più!
Nel 2002 in Ticino gli occupati svizzeri erano il 59%, nel 2010 erano il 56.2%, nel 2011 il 55.6% e nel 2012 il 53.9%. Ciò significa che attualmente il 46.1% delle persone che lavora in Ticino non ha il passaporto rosso. Siamo quasi alla metà degli occupati, e ricordiamo che si tratta di dati statistici che, dunque, abbelliscono la realtà.
Da notare il drastico calo degli occupati svizzeri tra il 2011 e il 2012: dal 55.6% al 53.9% in un solo anno. Segno che la situazione si sta deteriorando rapidamente, cosa che chiunque abbia un occhio appena un po’ attento sul mercato del lavoro ticinese è in grado di constatare. Chi invece se ne sta a Berna, col posto sicuro pagato dai contribuenti, a taroccare le statistiche perché la libera circolazione delle persone va sostenuta ad oltranza perché se salta (e adesso con l’ingresso del Croazia nell’UE i bilaterali rischiano davvero di saltare in votazione popolare) il Consiglio federale fa una figura “marrone” a livello internazionale, crede di avere l’alibi per poter continuare a negare l’evidenza. Tanto, si dicono gli analisti prezzolati, i problemi li ha il Ticino per cui chissenefrega, noi (a Berna) dobbiamo reggere la coda all’Altipiano, mica a zone di confine che non contano una sverza.
Ennesima dimostrazione del soppiantamento in corso
Per quel che riguarda la suddivisione degli stranieri che lavorano in Ticino in base al tipo di permesso: anche in questo ambito le statistiche – che non sono ancora il dato reale – sono impietose. I domiciliati sono solo il 13% degli occupati in Ticino, i dimoranti (permessi B) il 6.8%, i frontalieri il 25%. Quindi si può tranquillamente dire che un terzo di chi lavora in Ticino o non vi risiede (frontalieri) o vi risiede da poco (permessi B).
Questa è l’ulteriore dimostrazione che i ticinesi vengono sempre più soppiantati da lavoratori in arrivo da Oltreconfine. E quando talune di queste persone in arrivo da Oltreconfine assurgono a posti di responsabilità nella gestione del personale, si può star certi che piazzeranno solo frontalieri. E’ il principio della colonizzazione, e gli svizzerotti fessi e ligi agli accordi internazionali stanno a guardare per paura di passare per razzisti e xenofobi; in effetti, in anni di lavaggio del cervello da parte di chi detiene un’autocertificata, ma del tutto inesistente, superiorità morale, è stato inculcato che passare per razzisti e xenofobi è la cosa peggiore che possa capitare. Solo ieri è giunta in via Monte Boglia la seguente email: «Purtroppo la mia compagna è vittima di una capa italiana che oltre a sbeffeggiare quotidianamente la Svizzera sta facendo mobbing per piazzare una sua connazionale al suo posto. E’ disgustoso ed ingiusto».
E di comunicazioni di questo tenore ce ne giungono a mazzi.
In contemporanea proliferano gli annunci per soli frontalieri. La scorsa settimana c’è stato il caso dell’azienda del settore della moda che cercava un ingegnere, ma solo frontaliere. Perché come noto l’ingegnere, secondo il Rocco-Cattaneo-pensiero, è uno di quei lavori che i ticinesi non vogliono fare.
Questa settimana nel giro di solo un paio di giorni di annunci del medesimo tenore ne sono stati individuati tre (ma chissà quanti altri ce ne sono): uno riguarda un informatico, un secondo un project manager nel settore della comunicazione (altro ambito professionale che ai ticinesi fa schifo, ed infatti abbiamo pure una facoltà universitaria di scienze della comunicazione) mentre il terzo è l’inserzione di un’agenzia di lavoro abruzzese, oltretutto scritto in italiano alquanto approssimativo, in cui si cercano infermieri professionali, aggiungendo la seguente annotazione: «ti possiamo preparare alla lingua tedesca o francese se conosci la lingua rumena».
E’ quindi evidente, e non lo ripeteremo mai abbastanza, che ci troviamo in una situazione di emergenza. Cosa si aspetta ad adottare delle misure d’emergenza?
Lorenzo Quadri