Il fiscovelox, introdotto dall’ex ministro Tremonti d’infausta memoria (politicamente parlando, ovvio) è diventato un po’ il simbolo della guerriglia italiana contro la Svizzera in generale ed il Ticino in particolare. Ne abbiamo parlato con il Consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri, che è stato uno dei primi a sollevare il problema a livello politico: prima con Bellinzona come deputato in Gran Consiglio, poi con Berna quale parlamentare federale.

«Il fiscovelox è chiaramente una misura intimidatoria, da regime stalinista – esordisce Quadri – ; fa quindi specie che sia stato introdotto dal governo Berlusconi, un governo di destra. Dimostrazione che il fine giustifica i mezzi. E il fine italiano era, ed ancora è, indebolire la piazza finanziaria ed economica svizzera, per portarsene a casa una fetta, il più consistente possibile. Il fiscovelox si basa sulla presunzione di colpevolezza: l’italiano abbiente che si reca in Svizzera è un evasore fino a prova del contrario. E, poiché dall’Agenzia delle entrate “mi guardi Iddio”, stante che una volta che si finisce, anche senza aver commesso alcun illecito, nelle sue grinfie, si è bollati a vita ed oltre, l’italiano abbiente e propenso a spendere rinuncia a varcare il confine ticinese, fosse solo per venire a pranzo o per fare shopping a Lugano. Non si sa mai a cosa si può andare incontro se si viene immortalati da  un fiscovelox. E la prudenza non è mai troppa. A maggior ragione nell’attuale clima italiano di criminalizzazione del cittadino benestante».

Lei è consigliere nazionale, Berna come vede i fiscovelox?

Li vede come tutti i problemi che l’Italia causa al Ticino. Ovvero, non li vede proprio. O finge di non vederli. Lo stesso discorso vale per le liste nere, per l’esplosione del numero dei frontalieri e dei padroncini, per i ristorni spropositati (e senza reciprocità) delle imposte alla fonte dei frontalieri versati per quarant’anni dal Ticino.

Ma adesso con l’Italia si tratta, nei giorni scorsi c’è stato il primo incontro Tremonti – Wimder Schlumpf.

Se l’Italia vuole trattare – o, per meglio dire: se l’Italia vuole dei soldi dalla Svizzera, che quest’ultima dovrebbe “girarle” facendo da esattore fiscale in sua vece – deve dare delle prove concrete di distensione. Due sono fornibili subito, poiché si tratta di decisioni politiche. La prima è la cancellazione della Svizzera dalle black list. La seconda è, per rimanere in tema, la rottamazione dei fiscovelox.

I fiscovelox sono compatibili con gli Accordi internazionali?

A mio giudizio no. Costituiscono infatti una sorveglianza sistematica, la cui unica motivazione è l’attraversamento del confine. Proprio ciò che gli accordi di Schengen proibiscono. Ma anche in questo caso, a Berna si finge di non accorgersi di nulla.

Ma è vero che, lungi dal voler eliminare i fiscovelox, l’Italia intende invece  sostituirli con degli impianti fissi di videosorveglianza?

Fonti affidabili d’Oltreconfine mi dicono proprio questo. A quanto risulta, le videocamere fisse dovrebbero venire installate su tutti i valichi italosvizzeri entro fine anno: l’unico ostacolo ancora da superare sarebbe quello della ripartizione dei costi.

Le autorità doganali italiane dicono che si tratta di “normale” videosorveglianza…

Beh è ovvio che la “vendano” così! Una volta che le telecamere saranno installate, voglio proprio vedere che genere di immagini riprenderanno, oltre a fare funzione di “videosorveglianza per motivi di sicurezza”. A proposito, chissà come mai questi “motivi di sicurezza” si scoprono solo ora?

Se fosse davvero come sospetta lei?

Se fosse davvero così, i ristorni dovrebbero venire bloccati integralmente e definitivamente.

MDD