Imbarazzante pochezza del governicchio federale schierato a sostegno dell’islam politico
Il fronte che si oppone al divieto di burqa è gravemente a corto di argomenti. Lo si è benissimo visto dalla recente conferenza stampa in cui la ministra di giustizia liblab Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) ha lanciato la campagna del governicchio federale contro il divieto.
Sul tema si voterà il prossimo 7 marzo.
La posizione esposta da Ka-Ka-eS è dir poco desolante, per pochezza e superficialità. Praticamente, si riduce al copia-incolla delle fanfaluche che si sentivano prima della votazione sul divieto ticinese. A partire dall’argomento principe: in Svizzera i burqa sarebbero pochi. E quindi? Questi tendoni neri sono il simbolo dell’islam politico, incompatibile con il nostro modello di società. Il Consiglio federale preferisce intervenire quando i buoi sono già fuori dalla stalla, piuttosto che farlo per tempo? La dichiarazione della soldatina PLR Keller Sutter si fa poi inquietante: “è inutile modificare la Costituzione per così poco” (sic). Qui è in gioco il rispetto dei nostri valori fondanti. E questo, per la ministra di giustizia sarebbe, “così poco”? Siamo messi male…
Non siamo un’isola felice
Come noto, in Ticino il divieto di burqa venne plebiscitato nel settembre del 2013 con il 65.4 % di voti. Da allora sono passati oltre 7 anni. Di cose ne sono cambiate, in Svizzera e nel mondo. La radicalizzazione islamica è avanzata in grande stile. Anche nel nostro paese. I fatti hanno dimostrato che la Svizzera non è un’isola felice, al riparo dal terrorismo islamista. Per questo “bel” risultato possiamo ringraziare la partitocrazia e la stampa di regime, imbesuite dal multikulti: non solo hanno sottovalutato il pericolo costituito dall’islam politico, ma l’hanno negato di proposito, irridendo e denigrando chi invece lanciava giustificati allarmi.
A maggior ragione occorre dunque contrastare l’islamismo: vietarne i simboli di conquista, come i burqa ed i minareti, è un passo necessario. Anche se, è ovvio, non è l’unico.
Dice ancora la ministra di giustizia: “contro il terrorismo ci vogliono “ben altre” misure”. Certamente ci vogliono ANCHE ben altre misure. Ad esempio, il divieto di finanziamenti esteri alle moschee ed ai centri culturali islamici. O la messa fuori legge dell’islam politico, come decisa dal governo austriaco. Tutte misure che però, ma tu guarda i casi della vita, la ministra di giustizia ed il triciclo rifiutano ostinatamente di introdurre.
Fregnacce no-limits
E’ poi assolutamente penoso tentare di convincere i cittadini a rifiutare il divieto di burqa evocando “ripercussioni negative sul turismo”, intendendo quello dai paesi arabi.
Il Ticino è senza dubbio un Cantone turistico. Il divieto di velo islamico è in vigore dal luglio 2016 ma queste ripercussioni negative sul turismo non si sono viste, nemmeno lontanamente. Trattasi quindi di semplici fanfaluche. Dette oltretutto in malafede. Infatti Ka-Ka-eS arriva dal Canton San Gallo, che è il secondo cantone ad aver plebiscitato il divieto di burqa nel 2018.Tra l’altro approvandolo con una percentuale di favorevoli perfino superiore a quella ticinese (65.6%). Dovrebbe dunque sapere come stanno le cose.
Dalle nostre parti…
Le donne musulmane che combattono per l’emancipazione femminile sono favorevoli al divieto di burqa, essendo l’improponibile palandrana il simbolo della sottomissione della donna pretesa dall’islam politico. Lo stesso discorso lo fanno gli imam riformisti che, per le loro posizioni, sono costretti a vivere sotto scorta. E invece dalle nostre parti ci tocca vedere politichetti del triciclo e pennivendoli di regime schierarsi a sostegno del velo integrale? E’ il mondo che gira al contrario.
Parità di genere
Dal 2013, data del voto ticinese sul burqa, ad oggi, il tema della parità di genere ha conquistato uno spazio vieppiù maggiore nel dibattito politico.
E proprio le sedicenti femministe di sinistra, quelle che ostentano gli strofinacci viola, si schierano contro il divieto di burqa, e quindi a favore della sottomissione della donna?
Zero motivi
E’ evidente che non c’è alcun motivo valido per cui dovremmo tollerare in casa nostra il velo integrale islamico. Del resto, i ticinesi hanno già fatto la propria scelta nel 2013. In marzo si tratterà, semplicemente, di confermarla, estendendola a tutto il paese.