Mercoledì mattina dalle 6.20 alle 10.30 a Caslano, Sessa, Fornasette e Ponte Cremenega è stata svolta un’operazione di controllo delle prestazioni di servizio transfrontaliere. In sostanza, dunque, un blocco antipadroncini: e ce n’è bisogno come del pane.
Sono stati controllati 109 veicoli e 155 persone. Gli ispettori dell’UIL dovranno eseguire approfondimenti sul conto di 64 persone, gli ispettori dell’AIC su 15 lavoratori, mentre l’AFD su 2 veicoli relativamente ad un probabile mancato sdoganamento. Questo il bilancio ufficialmente indicato dalla polizia.
Irregolarità
Si conferma dunque un tasso di irregolarità vicino al 50%, che è assolutamente allarmante. Come c’era da aspettarsi, gli operatori italiani che quotidianamente invadono il mercato del lavoro ticinese, facendo concorrenza sleale alle aziende locali, non si sognano di rispettare le regole.
E’ quindi chiaro che una situazione di questo genere rappresenta un’emergenza, per rispondere alla quale occorrono delle misure di emergenza.
Tre proposte
E di queste misure se ne possono trovare facilmente almeno tre. La prima l’abbiamo invocata di recente a più riprese, ossia trasmettere all’agenzia delle entrate italiana le informazioni relative ai padroncini che si notificano. Questo “scambio volontario di informazioni” proposto dalla Lega sarebbe l’unico scambio di informazioni a noi utile che possiamo instaurare con l’Italia. Però non viene fatto.
La seconda misura include la prima ed è quella di rendere pubblico l’elenco delle notifiche, un elenco che indica anche il nome di chi – privato o azienda – ha chiamato il padroncino. L’effetto deterrente sarebbe palese. E quindi anche la responsabilizzazione. Oltretutto si scoprirebbe anche che il ritornello politikamente korretto mirato a sminuire le devastanti conseguenze della libera circolazione delle persone (in fondo è colpa dei ticinesi che chiamano i padroncini) vale poi fino ad un certo punto: vogliamo proprio vedere se a chiamare i padroncini sono ticinesi (privati o aziende) o piuttosto stranieri…(in particolare ditte estere).
Se l’elenco delle notifiche venisse, ad esempio, reso accessibile online, è evidente che potrebbe consultarlo anche il fisco italiano. Quindi la prima misura sarebbe concretizzata automaticamente.
La terza misura è l’introduzione di sanzioni che siano davvero deterrenti per chi sgarra. Oggi infatti vale comunque la pena infrangere le regole dei Bilaterali. Sicché non possiamo certo aspettarci che i nostri vicini a sud, per i quali il lavoro nero è la norma (il Berlusca diceva che fino al 20% non è neanche evasione), rispettino le nostre leggi; diversamente dagli svizzerotti.
Attenzione alla sfiducia
Ci sono privati cittadini, artigiani, ditte che sono perfettamente consapevoli della necessità di far girare l’economia ticinese e pertanto spendono in Ticino, assumono residenti, eccetera. Ma questi comportamenti virtuosi non sono sufficientemente tutelati, e neppure promossi. Nemmeno dallo Stato, che nei concorsi non riconosce – ad esempio – l’assumere residenti come un criterio preferenziale nell’assegnazione di appalti pubblici . Quindi anche ai benintenzionati prima o poi scappa la poesia. A questi cittadini, artigiani, imprenditori, l’ente pubblico deve dare una risposta; deve mostrare il proprio sostegno. Altrimenti sarà sempre peggio. E la prima risposta è: impariamo un po’ di sano protezionismo dalla vicina Penisola. E favoriamola questa economia locale. Anche a rischio di perdere qualche ricorso. Ma è meglio perdere un ricorso che la fiducia della popolazione e di chi si sforza di conservare un’economia sana!
Lorenzo Quadri