Iniziativa contro il canone radioTV, parte la raccolta firme

Difesa “di principio” della RSI?

 

Quando si tira troppo la corda, si rompe. Lo abbiamo visto con il credito per expo 2015. Né il governo né il parlamento hanno voluto ascoltare chi proponeva di moderare le richieste finanziare al contribuente, ossia il rapporto di minoranza presentato dalla Lega in Gran Consiglio. Il risultato è stato un referendum che ha raccolto un numero quasi doppio del necessario di firme valide.

Fa specie, e poi chiudiamo la parentesi al proposito, che il CdS arrivi adesso con l’appello ai privati. Se i privati c’erano, bisognava coinvolgerli fin da subito, invece di andare direttamente a prendere i soldi pubblici perché così è più facile. Questo appello suona come l’ennesima presa in giro, oltre che dimostrare che il dossier è stato gestito in maniera canina.

 

Propaganda di $inistra

Una situazione analoga si verifica ora con il canone radiotv. Come noto è volontà della Confederazione trasformarlo in una vera e propria tassa,  fatta pagare a tutti. Anche a chi non possiede apparecchi di ricezione radiotelevisiva. Il che è manifestamente ingiusto. Infatti non si vede perché chi per scelta non vuole usufruire di un’ offerta, che non è certo un servizio pubblico di base, debba essere obbligato a pagarla comunque. La giustificazione più involontariamente ridicola l’ha fornita la $inistra secondo cui la SSR merita di essere finanziata con una tassa ad hoc per il suo contributo al dibattito democratico. Traduzione: la $$R fa propaganda partitica per la $inistra e quindi tutti la devono pagare. Più facile di così… Se lo schieramento partitico della TV pubblica fosse stato un altro, poco ma sicuro che certi argomenti non li avremmo sentiti.

 

Segnale forte

Ma anche qui si sta tirando troppo la corda ed il risultato  è che attualmente sono in corso due iniziative per l’abolizione del Canone radiotelevisivo che notoriamente ammonta a ben 462,40 Fr all’anno.

La più recente è appena stata dichiarata valida nei giorni scorsi ed ha ora 18 mesi di tempo, quindi fino all’11 dicembre 2015, per raccogliere le 100mila firme necessarie alla sua riuscita.

Se l’iniziativa riuscisse, costituirebbe senz’altro un segnale forte.

Non ci vuole una scienza per capire che, se oltre a raccogliere le firme necessarie, venisse anche approvata dal popolo, il primo risultato che otterrebbe sarebbe quello di far saltare la RSI. E’ noto che la RSI è da tempo nel mirino Oltralpe per la sproporzione delle risorse che confluiscono a sud delle Alpi, se rapportate al bacino d’utenti. Evidentemente ciò ha l’effetto paradossale di far sentire qualcuno a Comano e a Besso come in una botte di ferro, almeno per quel che riguarda la posizione ticinese: chi saranno mai i “traditori della patria” (?) che oseranno firmare le iniziative, sapendo che la conseguenza sarebbe proprio quella di mettere in pericolo una ricchezza della Svizzera italiana oltre che un importante datore di lavoro? Ebbene, forse è il caso di tirare un po’ i remi in barca. Non è perché la RSI è criticata da Oltregottardo che può permettersi tutto in Ticino, partendo dal presupposto che “in casa” verrà difesa per principio.

 

Botte di ferro?

Che l’emittente radiotelevisiva nostrana si dimentichi spesso e volentieri dall’obbligo di equidistanza che giustifica il canone, scivolando nella propaganda di $inistra, è tutt’altro che una novità. E’, al contrario, una   inveterata abitudine. Il fatto che gli organi che dovrebbero controllare i programmi, vedi consiglio del pubblico, siano solo una foglia di fico, non aiuta di certo.

In Ticino saranno molti a firmare l’iniziativa e, se si dovesse arrivare ad una votazione, la RSI non avrà vita facile nel convincere gli utenti di valere il canone che riceve. A meno che voglia sostenere di essere un piano occupazionale. Quando si tira troppo la corda, credendo che tutto sia permesso, si finisce per ritrovarsi in situazioni sgradevoli. In effetti non si vede perché le forze politiche come la Lega e l’UDC, continuamente prese a pesci in faccia dalla RSI, non dovrebbero sostenere l’iniziativa contro il canone, peraltro lanciata dai giovani UDC e dai giovani liberali. E la RSI non si trova in una posizione comoda nell’invocare il mandato di servizio pubblico, visto che lo viola senza troppi problemi per fare propaganda politica.

Quindi, avanti con la raccolta delle firme. Ad iniziativa riuscita, anche gli alti papaveri di Comano e Besso dovranno rendersi conto che non è tutto scontato come credono. Non è perché la radiotelevisione è della Svizzera italiana che tutti devono sentirsi moralmente obbligati a reggerle la coda, ed in tutte le sue parti.

Lorenzo Quadri