Un nuovo sassolino (o sassolone) sta per essere inserito nell’ingranaggio dello sfascio della Svizzera voluto dalla catastrofica ministra del 5% Widmer Schlumpf (eletta con i voti della $inistra ed ostaggio della medesima) e dai suoi degni compari.

In effetti è stato costituito un comitato per il lancio del referendum contro la FATCA, ossia l’ “accordo” (?) fiscale con gli States che ha fatto rientrare dalla finestra la vergognosa lex USA.
In sostanza la FATCA, imposta unilateralmente dagli yankees (quindi un atto di guerra economica) segna la fine del segreto bancario verso gli States. E non solo verso gli States dal momento che, allorquando il Diktat USA (parlare di “accordo” vuole infatti dire prendere per i fondelli la gente) dovesse crescere in giudicato, gli altri Stati pretenderanno il medesimo trattamento.

Prima di venire asfaltato dalle urne, l’ex candidato alle elezioni tedesche kompagno Peer Steinbrück, dimostrazione vivente che le teorie di Lombroso sull’antropologia criminale non erano campate in aria, lo aveva detto senza mezzi termini: anche noi (Germania) esigiamo lo stesso trattamento degli USA.
Dopo gli Stati esteri, a pretendere lo scambio di informazioni saranno i Cantoni, sicché il segreto bancario non ci sarà  più nemmeno per gli svizzeri.

Ma l’applicazione della FATCA segna anche la fine della sovranità elvetica. L’adesione alla FATCA è una decisione presa sotto ricatto (che quindi di per sé sarebbe nulla). Cedendo una volta, Berna dovrà cedere sempre.

Si tratta quindi di intervenire a tutela della piazza finanziaria, delle sue decine di migliaia di posti di lavoro, ma anche della sovranità elvetica. Perché adesso si calano le braghe sul segreto bancario. Domani sarà il turno di un’altra specificità della Svizzera.

Lavorare con i social network
Sicché giovedì scorso si è costituito un comitato referendario contro la FATCA. Ancora una volta, quando si tratta di difendere la Svizzera, i principali partiti a livello nazionale brillano per assenza (semmai sono presenti dei singoli esponenti a titolo personale, ma non i partiti).

A tentare il referendum saranno quindi varie associazioni più piccole: la Ligue Vaudoise, la Lobby des Citoyens (GE), esponenti dell’ASNI, dell’UDC, di Young4Fun. E ci sarà anche la Lega dei Ticinesi.
Visto lo scarso budget a disposizione, gli organizzatori vogliono sperimentare un nuovo modo di esercitare i diritti popolari, lavorando molto  con internet e con i social network. Il referendum si annuncia quindi anche come un esperimento di democrazia nel terzo millennio.

Se l’impresa (non facile) riuscirà, dipenderà dai cittadini elvetici: dalla loro volontà di tutelare non solo un settore finanziario importante, ma l’essenza stessa della sovranità svizzera. Dalla loro volontà di dare, in altre parole, un futuro alla nostra nazione.
Lorenzo Quadri