Il nuovo sistema attende al varco: ci costerebbe centinaia di milioni in più all’anno!

Al momento, grazie al terrorismo mediatico-sanitario, l’attenzione popolare è tutta concentrata sulla pandemia; ed i politicanti che si credono furbi ne approfittano.

Mentre si pensa solo allo stramaledetto virus cinese, altre tegole di prima grandezza stanno per caderci sulla capoccia.

Una di queste è lo sconcio accordo quadro istituzionale, che trasformerebbe la Svizzera in una colonia della fallita UE. Al proposito anche dalle fila degli imprenditori si levano, e per fortuna, voci contrarie. Voci che asfaltano la narrazione della partitocrazia eurolecchina e dei manager stranieri di Economiesuisse. Ma i camerieri bernesi di Bruxelles, invece di chiarire ai balivi UE che la Svizzera non firma più un bel niente, pretendono di continuare a trattare. Sappiamo che per loro trattare è sinonimo di “abbassare le braghe ad altezza caviglia”.

Le rendite

Legata all’accordo quadro, oltre ai temi ormai noti (ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE; giudici stranieri; direttiva comunitaria sulla cittadinanza; sussidi pubblici; misure accompagnatorie) c’è anche un’altra questione, che certamente non è di poco conto. Almeno, non lo è per il Ticino. Riguarda le rendite di disoccupazione dei frontalieri. Queste rendite, secondo i balivi di Bruxelles, andrebbero versate non più (principalmente) dal paese di domicilio dei frontalieri, come accade ore, bensì da quello dove il permesso G lavora(va).

Per il momento all’interno dell’UE non si è ancora trovato il consenso necessario ad imporre il nuovo principio. Ma i funzionarietti di Bruxelles vogliono arrivare lì. Per cui c’è poco da stare allegri.

Minaccia concreta

Per l’assicurazione contro la disoccupazione svizzera ciò equivarrebbe ad una spesa supplementare di centinaia di milioni di franchetti all’anno. Che poi verrebbero a mancare per le rendite agli svizzeri. Oltre ai costi delle rendite, si porrebbe il tema della spesa burocratica. Infatti occorrerebbe potenziare gli Uffici regionali di collocamento (URC) – va da sé a spese del solito sfigato contribuente svizzerotto – per metterli in grado di far fronte alle future richieste dei frontalieri.

Il tema è doppiamente attuale. Infatti:

1) Approfittando della pandemia, il governicchio federale vuole correre a sottoscrivere lo sconcio accordo quadro istituzionale. La disoccupazione dei frontalieri è di pertinenza del Regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, il quale fa parte dell’allegato II all’Accordo sulla devastante libera circolazione delle persone (ALC). Se l’accordo quadro vwerrà firmato, il regolamento in questione, in quanto allegato all’ALC, sarà uno di quegli ambiti in cui la Confederella si dovrà adeguare “dinamicamente” (=automaticamente) ai Diktat di Bruxelles. E se Bruxelles deciderà che la disoccupazione ai frontalieri la deve versare il Paese dove lavoravano…
2) A causa della crisi economica da stramaledetto virus cinese, il numero dei disoccupati, specie in Ticino, è destinato a schizzare verso l’altro. Tra i ticinesi, ma anche tra i frontalieri. La nostra assicurazione contro la disoccupazioneverrà messa fortemente sotto pressione. E noi dovremmo consentire ai permessi G di lanciarsi all’assalto della diligenza elvetica? Ma col fischio! Tanto più che l’autorità svizzera (ticinese) non avrebbe alcuna possibilità di verificare quello che il frontaliere disoccupato fa su suolo italiano. Egli potrebbe benissimo lavorare in nero nel Belpaese e percepire contemporaneamente la disoccupazione elvetica. O magari qualcuno si è dimenticato che, grazie alla devastante libera circolazione delle persone, questo sfigatissimo Cantone si è riempito di furbetti dell’italico quartierino?

Cosa stanno facendo?

Senza contare che il nuovo regime azzererebbe del tutto la preferenza indigena light. Che è già una barzelletta di suo.

Quest’ultima dovrebbe infatti avvantaggiare gli iscritti agli URCnella ricerca di un’occupazione. Adesso di frontalieri iscritti agli URC ce ne sono pochissimi: chiaro, non ricevono rendite. Ma, con la nuova regola UE, si iscriverebbero tutti. E quindi, nella sedicente preferenza “indigena” light, di indigeno non rimarrebbeproprio più nulla.

Lo scenario che si prepara è a dir poco scandaloso. E cosa fanno i camerieri dell’UE in Consiglio federale per impedire che si verifichi? Risposta: quello che fanno sempre. Giù, chinati a 90 gradi!

Lorenzo Quadri