Da tre mesi sono noti i piani degli eurobalivi. Eppure a Berna nulla sembra muoversi

Ma guarda un po’. Da dicembre non si hanno più notizie al proposito dell’ennesima vigliaccata degli eurofalliti ai danni della Svizzera, che ricompensano così i loro camerieri bernesi per anni di slinguazzante servilismo.

Il tema è la disoccupazione dei frontalieri. La Commissione UE vorrebbe infatti che a pagare le loro indennità non fosse più lo Stato di residenza, come ora, bensì quello in cui i frontalieri hanno lavorato. Oggi gli oltre 314’000 frontalieri attivi nel nostro Paese pagano i loro contributi in Svizzera, ma ricevono le indennità dallo Stato in cui vivono. In cambio la Svizzera versa ai Paesi di residenza dei frontalieri un indennizzo pari a 3 mesi di disoccupazione per chi ha lavorato meno di un anno, o a 5 mesi per chi ha lavorato di più. L’UE mira adesso a cambiare le carte in tavola. Naturalmente a nostro svantaggio. E ti pareva!

Spese per centinaia di milioni

Non basta che l’invasione da sud, conseguenza della devastante libera circolazione delle persone, provochi sostituzione e dumping salariale. Tant’è che nell’anno di disgrazia 2016 il numero di frontalieri in questo sempre meno ridente Cantone è aumentato di 2000 unità, ormai siamo quota 65’000, e contemporaneamente in Ticino ci sono 1000 persone in assistenza in più. Adesso secondo gli eurofalliti dovremmo anche pagare la disoccupazione ai frontalieri. Ne conseguirebbero spese per centinaia di milioni (a livello federale) con conseguente necessità di potenziare gli uffici regionali di collocamento: e questi costi se li sobbarcherebbe il contribuente ticinese.

Ticino nella palta

Per l’ennesima volta, dunque, a ritrovarsi immerso nella palta sarebbe il Ticino, visto che qui c’è oltre il 20% del totale dei frontalieri presenti in Svizzera. Oltretutto, se il “cambiamento di paradigma” dovesse passare così come vogliono gli eurofunzionarietti, punto primo tutti i frontalieri si iscriverebbero agli URC beneficiando così delle misuricchie di sostegno ai disoccupati decise nell’ambito della (non) applicazione del 9 febbraio (altro che aiutare i residenti), e soprattutto molti frontalieri potrebbero scegliere di mettersi in disoccupazione… per poi magari lavorare in nero oltreconfine.

Il regalo

Ironia della sorte, la “lieta novella” è arrivata in dicembre, in contemporanea con la rottamazione del “maledetto voto” del 9 febbraio ad opera dei Giuda della partitocrazia. Un’operazione che ha mandato in brodo di giuggiole gli eurobalivi: probabilmente nemmeno loro si aspettavano una calata di braghe così integrale ed incondizionata. Ed ecco il ringraziamento: un nuovo calcione di Bruxelles sulle gengive degli svizzerotti.

Togliersi la paglia dal…

Ormai sono tre mesi che le intenzioni di Bruxelles a proposito delle indennità di disoccupazione dei frontalieri sono note. Eppure a Berna tutto tace. Il che non è certo buon segno. Non sempre nessuna nuova uguale buona nuova. Se dalle cupole federali non filtra nulla, spesso vuol dire, semplicemente, che non si sta facendo nulla. E a questo punto ci sono solo tre possibilità.

I sette scienziati:

  • Non hanno capito la portata del problema;
  • Hanno capito ma se ne impipano;
  • Sanno già che caleranno le braghe e quindi cercano di farlo con il minor clamore possibile.

E’ in ogni caso doveroso che il Ticino si tolga la paglia dal “lato b”, onde evitare di farsi infinocchiare per l’ennesima volta. Chi scrive ha presentato un atto parlamentare sul tema ma, evidentemente, non basta. Anche il Consiglio di Stato deve farsi sentire.

Una certezza

Almeno una cosa, tuttavia, è certa: se dovessimo beccarci l’ennesima fregatura europea, il minimo che questo Cantone può fare è bloccare i ristorni dei frontalieri a compensazione dei maggiori costi che si troverebbe a fronteggiare. Anzi, il blocco è meglio deciderlo subito, visto che il treno passa solo una volta all’anno nel mese di giugno. Sicché vediamo di non perderlo per l’ennesima volta.

Lorenzo Quadri