Non è perché le multe sono state poche che la legge è inutile: ma che teoria è? 

E adesso avanti con la sua introduzione a livello nazionale

E’ passato un anno dall’introduzione in Ticino della nuova legge antiburqa, e c’è quindi chi traccia bilanci. Il divieto di dissimulazione del viso, è bene ricordarlo, venne approvato dal popolo ticinese, con ben il 65.4% dei voti, nel settembre 2013. Ci sono dunque voluti quasi tre anni prima che la volontà popolare diventasse realtà. Ma almeno, seppur in ritardo, lo è diventata. In altri casi invece…

Che discorsi sono?

Chi, ovvero i fautori del multikulti spalancatore di frontiere, quelli che la volontà popolare la rispettano solo quando (sempre più raramente) coincide con la loro, hanno subito montato la panna sul fatto che nell’anno trascorso le multe comminate a donne in burqa o in niqab sono state poche.  E quindi, secondo l’illuminato parere di costoro, la “nuova” legge sarebbe inutile.  Ohibò.  C’è da sperare che lo scopo primario delle leggi sia proprio quello di evitare che vengano commessi dei reati: si chiama prevenzione. Non quello di lasciare che vengano commessi per poi sanzionarli a posteriori, magari con l’obiettivo di fare cassetta o di riempire le prigioni, a seconda della gravità dell’infrazione.

Ci piacerebbe a questo punto sapere quante multe sono state comminate per infrazione del divieto di fumare negli esercizi pubblici: un divieto per cui i politikamente korretti vanno in brodo di giuggiole. Probabilmente, poche anche in questo caso. Un’altra legge inutile, da abolire?

Il dibattito deve continuare

Se le multe “per burqa” sono state poche, questo dimostra che l’informazione è stata efficace, in particolare verso le turiste: sanno che in Ticino non si può girare a volto coperto e si adeguano senza problemi. La legge non ha inoltre avuto alcuna ripercussione negativa sui flussi turistici.

Ma soprattutto, poche o tante che siano le multe appioppate, è importante che la legge ci sia. Ed è importante che il dibattito sia stato fatto, e che continui ad esserci. Grazie alla legge antiburqa, sono stati messi dei paletti. Paletti indispensabili per chiarire che qui vigono le nostre regole, le nostre usanze, le nostre tradizioni, i nostri valori. I quali  non sono piovuti dal cielo: ce li siamo costruiti e conquistati. Non ci troviamo affatto, come vorrebbe invece qualche multikulti spalancatore di frontiere, con una tabula rasa; con una situazione di vuoto dove chiunque può arrivare e farsi i propri comodi, vivere secondo le proprie regole, e creare società parallele. Le democrazie occidentali, a maggior ragione la nostra, hanno delle caratteristiche ben precise. L’immigrato che non le vuole rispettare sta (o torna) a casa sua.

Presa di coscienza

Il dibattito su burqa e dintorni va fatto e deve continuare perché comporta una presa di coscienza. I contrari al divieto di burqa si oppongono perché non vogliono tale presa di coscienza.

Del resto, se così non fosse, perché scaldarsi tanto, raggiungendo il limite dell’isteria, se – come dicono a $inistra – il divieto di burqa non serve a niente? Se è davvero inutile, che fastidio può dare?

Un discorso a parte lo merita poi la squallida ipocrisia di chi non voleva il divieto di dissimulazione del viso in un solo Cantone perché “queste regole devono essere uniformi a livello nazionale”, e poi si oppone al divieto su scala nazionale sostenendo che “devono essere i Cantoni a decidere”. Ma chi si pensa di prendere per i fondelli?

Un argine

Il divieto di burqa non è solo un simbolo, ma è un argine. Promuoverlo a livello nazionale, come fanno alcuni, puntando solo sull’aspetto della sicurezza, è sbagliato e controproducente. Chi lo fa, immagina in questo modo di schivare le solite ritrite accuse di razzismo ed islamofobia. Perché schivarle? Molto meglio lasciare che vengano invece lanciate: così si può dimostrare che si tratta di fregnacce. Inoltre, l’aspetto della sicurezza è certo un elemento, perché nascosti sotto una palandrana che copre da capo a piedi si può commettere ogni sorta di reato, ma è un elemento secondario. Il vero tema è un altro. Il vero tema sono i fondamenti della nostra società minacciati dall’immigrazione scriteriata di persone non integrabili  e da una deleteria politica dell’accoglienza indiscriminata (“devono entrare tutti”).  Ed è per tali questioni basilari che vale la pena raccogliere firme e condurre campagne di votazione mirate ad inserire il divieto di burqa nella Costituzione: ovvero, là dove stanno i nostri valori fondamentali. Per le semplici misure di sicurezza non serve scomodare la Costituzione. Non serve nemmeno il voto popolare. Basta un’ordinanza governativa.

Lorenzo Quadri