Ma intanto il sedicente Consiglio centrale islamico invita a violare la legge ticinese
Ma come, il divieto di burqa non doveva essere una proibizione razzista e xenofoba? Non avrebbe dovuto, oltretutto, provocare un crollo dei pernottamenti turistici in Ticino? Il velo integrale non doveva costituire, per sovrapprezzo, un “non problema”?
Ed invece, ma tu guarda i casi della vita, adesso tutti (o quasi) salgono sul tanto denigrato carro antiburqa ticinese. Non solo nelle scorse settimane la SonntagsZeitung ha elogiato il divieto votato nel nostro Cantone, dicendo che l’Europa – ma, aggiungiamo noi, prima ancora la Svizzera – dovrebbe prendere esempio. Anche altri hanno fatto lo stesso. Dalla Germania sono arrivate dimostrazioni di interesse. E addirittura, colmo dei colmi, il kompagno Consigliere di Stato zurighese Mario Fehr ha dichiarato che il velo integrale è contrario ai nostri valori (come il rifiuto della stretta di mano). Ohibò. Il buon Mario potrebbe cominciare a spiegare questo semplice concetto ai suoi compagni di partito. Quelli che a Berna hanno tentato di azzerare la volontà del 65% dei ticinesi favorevoli al divieto di burqa blaterando di violazione della libertà di religione – libertà che nulla ha a che vedere con il burqa – nel vano tentativo di opporsi alla concessione della garanzia federale alla modifica costituzionale ticinese. Si sarà notato che la $inistruccia elvetica utilizza gli stessi argomenti dei sostenitori dell’islam politico: chi fotocopia da chi?
E a fare eco ai kompagnuzzi pro-burqa non poteva mancare il solito Consiglio federale. Il governo, pur preavvisando favorevolmente la concessione della garanzia federale alla norma ticinese contro la dissimulazione del viso (a fronte di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che approvava il divieto di burqa non poteva fare diversamente) moraleggiava a senso unico contro il “divieto xenofobo”. Prendere nota: il Consiglio federale è contrario alla difesa dei valori svizzeri.
Bastonare la volontà popolare
Naturalmente il sabotaggio del divieto di burqa perseguiva – e persegue – anche un altro fine. Quello di prendere a legnate la volontà popolare sgradita all’élite politikamente korretta e spalancatrice di frontiere. Si tratta quindi di svilire i diritti popolari e la sovranità dei cittadini, creando il maggior numero possibile di precedenti in tal senso.
La $inistra multikulti ed i poteri forti (fautori delle frontiere spalancate perché vogliono manodopera straniera a basso costo con cui sostituire i lavoratori elvetici) perseguono questo sordido progetto antisvizzero tenendosi a manina. Ricordiamo che non molto tempo fa il sedicente “serbatoio di pensiero” (think tank) dell’economia, Avenir Suisse, proponeva di limitare i diritti popolari. E stranamente nessun politikamente korretto è insorto: perché da quella parte ci si fa sentire solo per strillare al presunto “razzismo”. Sennò, silenzio. Citus mutus.
Emblematico notare al proposito che i kompagnuzzi, compresi quelli ticinesi, si mobilitano per i finti rifugiati a Como, pretendendo che la Svizzera gli spalanchi le frontiere. Capita l’antifona? Per i ticinesi in difficoltà – magari perché lasciati a casa e sostituiti da frontalieri grazie alla devastante libera circolazione delle persone – la $inistra non muove paglia. Al contrario: aziona la consueta macchina del fango su chiusura, grettezza, razzismo, e fregnacce assortite. Quando invece si tratta di sostenere i migranti economici, i $ocialisti vanno pure in trasferta oltreconfine. Intanto si moltiplicano in Europa le notizie di asilanti arrestati perché coinvolti in atti terroristici (o nella loro pianificazione). Cosa ci vuole ancora perché si capisca che bisogna blindare le frontiere?
Istigano a violare la legge
Da una parte, dunque, si moltiplicano le prese di posizione a favore del divieto di burqa. Perfino, con azzardate giravolte carpiate, da parte di kompagni ed esponenti del turismo. C’è quindi da sperare che ciò si traduca in un massiccio sostegno all’iniziativa per introdurre tale divieto in tutta la Svizzera, attualmente in fase di raccolta di firme (per cui, se qualcuno non ha ancora sottoscritto…).
Dall’altra, c’è chi continua ad istigare alla violazione della nuova legge ticinese contro la dissimulazione del viso. Tale Abdel Azziz Qaasim Illi, responsabile delle pubbliche relazioni del sedicente Consiglio centrale islamico svizzero (?), ha infatti di recente invitato le donne musulmane ad andare in Ticino in burqa, con l’obiettivo preciso di infrangere la legge che, secondo costui, sarebbe “islamofoba ed immotivata”. Sì, islamofoba come la Mecca, dal momento che anche lì è proibito girare a volto coperto. Da notare che il signore in questione è il marito di Nora Illi, ovvero la donna in niqab che accompagnava lo pseudo imprenditore algerino Rachid Nekkaz nelle sue pagliacciate locarnesi.
La SSR dà spazio
Ecco dunque una nuova dimostrazione che questo sedicente consiglio centrale islamico (e non aggiungiamo “svizzero”, perché di svizzero non ha nulla) non diffonde l’integrazione, ma proprio il contrario. Istiga addirittura a violare la legge. Intanto però la televisione di presunto servizio pubblico, ossia la SSR, continua (in Svizzera interna) ad invitare gli esponenti di questa organizzazione ai suoi talk show. Perché li invita? Ovvio: perché costoro dicono che gli svizzerotti sono “xenofobi e razzisti”. Ed è esattamente quello che i kompagni della SSR bramano sentire. Soprattutto, è esattamente ciò che vogliono inculcare nel proprio pubblico. In questo modo, la SSR dà visibilità e legittimità ai fondamentalisti islamici insediati in casa nostra. E’ di certo per questo nobile scopo di pubblica utilità, nevvero, che paghiamo il canone radioTV più caro d’Europa…
Un paio di domandine
E’ chiaro, comunque, che a proposito di questo sedicente consiglio centrale islamico arriveranno anche alcune domandine (interpellanza) all’indirizzo del Consiglio federale, ed in particolare al Dipartimento federale di giustizia della kompagna Sommaruga.
Prima fra tutte: è intenzione del Consiglio federale intervenire nei confronti di simili organizzazioni che diffondono l’Islam politico e predicano la violazione di norme elvetiche addirittura di rango costituzionale?
Seconda domandina: da dove provengono i finanziamenti che permettono al consiglio centrale islamico di organizzare i propri numerosi eventi? Arrivano forse dall’estero? Da quali paesi? E se è così: perché il Consiglio federale si ostina a rifiutare, con pretesti risibili, di proibire i finanziamenti esteri per moschee ed organizzazioni musulmane?
Lorenzo Quadri