Il divieto di burqa votato dal popolo ticinese nel settembre 2013 non è la sola modifica di Costituzioni cantonali che il Consiglio nazionale ha trattato mercoledì scorso.

Le Camere federali sono chiamate a concedere la “garanzia” alle modifiche delle Costituzioni dei Cantoni. Ecco perché il divieto di burqa ticinese, malgrado sia trascorso parecchio tempo dalla votazione, non è ancora entrato in vigore. Tuttavia il Dipartimento delle istituzioni di Norman Gobbi nell’attesa della decisione della Confederazione non ha certo dormito nella concretizzazione della volontà popolare: la legge d’applicazione antiburqa era già pronta ed è stata divulgata a poche ore dalla votazione alla Camera del popolo. Una votazione che ha costituito la parte conclusiva di un lungo percorso.

Kompagni contro la volontĂ  popolare

Mercoledì il Consiglio nazionale ha votato sulla concessione (termine che suona già male: come se il sovrano non fosse il popolo che decide ma il parlamento che “concede”) della garanzia federale a varie modifiche costituzionali di vari cantoni. Per il Ticino, tra l’altro, non c’era solo il divieto burqa. C’era anche il moltiplicatore cantonale, ossia il meccanismo, inventato dalla $inistra e copiato dal partito delle tasse PLR, che serve per mettere le mani nelle tasche della gente.

Solo due delle tante modifiche costituzionali sottoposte al voto del Parlamento erano contestate. Naturalmente le contestazioni venivano entrambe da parte della $inistra. Non è una sorpresa, visto che si tratta di quell’area politica che rispetta la volontà popolare solo quando fa comodo e che ancora oggi si arrampica sui vetri per sabotare il “maledetto voto” del 9 febbraio.

Il Canton Berna ha ragione

Le due modifiche costituzionali contestate erano quella ticinese sul divieto di burqa e una del Canton Berna che prevede il divieto di naturalizzare stranieri in assistenza.

Di questa modifica costituzionale bernese si è parlato poco. Forse per non farle eccessiva pubblicità? Che chi è in assistenza non vada naturalizzato è ovvio, e dovrebbe già essere prassi corrente. Dovrebbe, appunto. Non è però detto che sia sempre così. Del resto ben si vede come starnazza la $inistra ad ogni naturalizzazione negata. La strategia (se così si può chiamare) è chiara: da un lato si pescano voti tra gli elettori neosvizzeri – come dimostra peraltro l’appello del P$ di Lugano che vuole “più moschee”. Dall’altro si vogliono abbellire artificialmente le statistiche sugli stranieri presenti in Svizzera, per nascondere il fatto che il nostro paese è quello che di gran lunga accoglie più immigrati e più rifugiati d’Europa. Una verità decisamente scomoda per gli spalancatori di frontiere nostrani: infatti smentisce lo squallido mantra degli “svizzeri razzisti” con cui i moralisti a senso unico sono soliti denigrare l’avversario.

L’inserimento nella Costituzione cantonale di un divieto di naturalizzare stranieri in assistenza è una proposta assai interessante. E anche necessaria. Necessaria per essere sicuri che immigrati nello Stato sociale non vengano addirittura premiati con il passaporto rosso e necessaria per tagliare una volta per tutte l’erba sotto i piedi a chi vuole rendere le naturalizzazioni sempre più facili e immeritate.

Lorenzo Quadri