Un altro primo agosto è alle porte. E non si può dire che la Svizzera negli ultimi 12 mesi abbia fatto dei passi avanti.
Si è proseguito a spron battuto sulla via della svendita del Paese in nome delle “aperture”, dell’ “eurocompatibilità” e della sudditanza. Perché bisogna aprirsi, farsi invadere da frontalieri e padroncini, oltre che da finti asilanti, delinquenti d’importazione ed immigrati nel nostro Stato sociale. Così impone il politikamente korretto, e chi si oppone è un becero populista e razzista.
Bisogna cedere sul segreto bancario e quindi sulla piazza finanziaria: perché il segreto bancario non è una forma di protezione della privacy – quella privacy tanto invocata quando si tratta, ad esempio, di negare informazioni sul casellario giudiziale di immigrati – ma una scappatoia per delinquenti. Così dice la $inistra; e se lo dice la $inistra, allora è cosa buona e giusta. Perché la $inistra, senza alcun motivo plausibile, detiene il monopolio della morale, e gli altri sembrano darlo per acquisito senza nemmeno sapere il perché. E’ così e basta.
Eurocompatibile è politikamente korretto, e allora ecco che bisogna gettare a mare ciò che ci rende diversi dall’UE, ciò che ci rende Sonderfall. Come se l’UE fosse un modello da imitare ed invidiare e non, invece, una costruzione antidemocratica e fallimentare che ha portato solo insicurezza e povertà.
Fa dunque specie, per usare un eufemismo, sentire pompose allocuzioni del primo d’agosto da parte di Consiglieri federali e di altri politici che passano i restanti 364 giorni dell’anno a sfasciare la Svizzera onde poi riempirsi la bocca in occasione della festa nazionale ridotta a semplice manifestazione folkloristica.
I tempi sono cambiati?
Quando Ueli Maurer ha osato parlar bene della Svizzera, è stato messo in croce, perché della Svizzera bisogna sempre parlare male. Così hanno insegnato decenni di lavaggio del cervello in nome del politikamente korretto. Orgoglio nazionale è diventato una parolaccia, quasi un crimine. Chi dimostra di averne, non può che essere un poco di buono, un razzista, un becero.
Nelle circostanze attuali, falò e fuochi d’artificio imbellettano un’occasione desolante piuttosto che lieta. Il primo agosto commemora simbolicamente la sottoscrizione del patto con cui i Confederati dichiararono la propria indipendenza dagli Asburgo. Oggi la realtà della Svizzera è diametralmente opposta. Si capitola davanti ai Diktat di organi sovranazionali privi di qualsiasi legittimazione democratica, si cede agli ordini di Paesi stranieri dimenticandosi di essere Stato sovrano, ci si fa dettare le leggi dall’UE e addirittura dagli USA, ci si fa perfino imporre i giudici stranieri. Un chiaro ritorno alla condizione di baliaggio.
I tempi non sono cambiati rispetto a quel lontano 1291. Anche nel 2013 siamo in guerra. Ne è solo cambiata la forma – quella attuale è una guerra economica – ma non la sostanza. Però, invece di difendersi, oggi si capitola senza opporre resistenza; anzi, addirittura in maniera proattiva: ossia si cede ancora prima che arrivi la richiesta. E questo atteggiamento lo si spaccia per virtù.
Nel nome della svendita della Svizzera e degli svizzeri, e nel (vano) tentativo di fare quel “rumore mediatico” indispensabile a gonfiare il proprio ego, i soliti tristemente noti addirittura pretendevano di far prendere la parola, come oratori del primo d’agosto, anche a stranieri (naturalmente selezionati da loro). Perché nemmeno la festa nazionale deve più essere elvetica.
Molti di quei governanti che stanno svendendo la Svizzera salgono sul palco alla festa nazionale e si producono in allocuzioni grondanti retorica da tre e una cicca. Questa è una squallida presa in giro. Dobbiamo ricordarci di essere svizzeri tutti i giorni dell’anno. Chi se ne ricorda solo il primo d’agosto, è meglio che lasci perdere.
Lorenzo Quadri