Ma guarda un po’: come annunciato domenica scorsa su queste colonne, lunedì il Consiglio nazionale ha votato il protocollo di modifica della Convenzione di doppia imposizione (CDI) con l’Italia, che prevede lo scambio di informazioni su richiesta in materia fiscale. Il tema non è certo nuovo. Tuttavia una cosa salta all’occhio. In effetti, ci pareva di ricordare che la modifica in questione avrebbe dovuto essere decisa nell’ambito di un pacchetto di contrattazione comprendente alcune altre questioncelle quali: la fiscalità dei frontalieri, la cancellazione della Svizzera dalle black list illegali della vicina Penisola, l’accesso degli operatori finanziari elvetici alla piazza finanziaria italica, eccetera.

Il pacchetto
Il Ticino, proprio per evitare di rimanere con la Peppa Tencia in mano, aveva sempre sostenuto che il pacchetto non andava diviso. Anche la quasi ex ministra del 4%, negli incontri con la deputazione ticinese a Berna, assieme al suo tirapiedi De Watteville, aveva ribadito che era opportuno che i dossier sopra citati, riguardanti in prima linea il Ticino, rimanessero legati. Invece, ecco che ora il pacchetto viene spacchettato. Per decisione di chi? Ma sempre della quasi ex ministra. Sicché l’Italia ottiene quello che le interessa; mentre quando è il turno degli svizzerotti di portare a casa, ci si accorge costernati, ma guarda un po’, che sono finite le cartucce.

Gesti distensivi?
Visto che ancora una volta veniamo sontuosamente presi per i fondelli, il No ticinese al protocollo di modifica della CDI sarebbe stato la cosa più ovvia. A maggior ragione se si considera il comportamento della vicina ed ex amica Penisola. Pensiamo ad esempio alla sbroccate del governatore della Lombardia Roberto Maroni, sedicente leghista, contro il Ticino, con tanto di invito ai frontalieri a scioperare per un giorno per (dice Maroni) mettere in ginocchio il nostro Cantone (il governatore evidentemente non ha capito bene da che parte sorge il sole). Per non parlare dell’accoglienza riservata, sempre dal medesimo destinatario, al “gesto distensivo” – ovvero: alla calata di braghe – del Consiglio di Stato sul certificato dei carichi pendenti. Subito da Oltreconfine, ma anche da Berna, è arrivata la pretesa che si abolisse anche la richiesta dell’estratto del casellario giudiziale. E come la mettiamo con il continuo inveire contro la chiusura notturna dei valichi secondari, denunciata al di là della ramina quale scandalosa iniziativa unilaterale degli svizzerotti populisti e razzisti? Certo che ci vuole già una bella tolla: e l’iscrizione della Svizzera su black list italiane illegali non è forse stata unilaterale? Il Belpaese si cucca i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri come pizzo per l’accettazione del segreto bancario. Poi però, proprio a seguito del segreto bancario, ecco che la Svizzera viene inserita sulle black list… ma intanto i ristorni continuano allegramente a venire intascati.

Approvare l’andazzo?
Non si vede dunque per quale motivo bisognerebbe approvare accordi con l’Italia, che nei nostri confronti è inadempiente su tutto, contravvenendo al principio del “pacchetto” di cui sopra. Ma accettare la modifica della CDI equivale – è chiaro – ad approvare questo andazzo. Sicché i rappresentanti ticinesi in Consiglio nazionale avrebbero dovuto quanto meno fare il gesto politico di votare No. Ciò invece non è successo. La modifica è stata approvata con 129 voti favorevoli, 13 contrari e 39 astensioni. Tra i consiglieri nazionali ticinesi solo i due leghisti e l’Udc hanno votato contro, mentre i due PPD si sono astenuti e i due PLR e la P$ hanno votato a favore. Ma guarda un po’…
Lorenzo Quadri