Casse malati: ennesima pillola sui premi, e la spesa sociale prende l’ascensore 

Esigenze di risparmio non devono portare a penalizzare tutti in modo lineare: prima si taglia sugli ultimi arrivati, ossia permessi B ed asilanti

 

Alle Jahre wieder, avrebbe detto il buon Flavio Maspoli. Ed infatti, anche per il 2017 si annuncia l’ennesima stangata sui premi di cassa malati. Questa volta si parla di un +4.4% per il Ticino, su una media nazionale del 6.5%. Siamo sotto la media, ma non per questo siamo privilegiati. Infatti è praticamente da quando esiste la LAMal che gli assicurati ticinesi pagano premi pompati. Il rimborso federale, deciso nel 2014, ci ha restituito le briciole. Che oltretutto alcune casse malati hanno pensato bene di ricaricare in parte sui premi.

Morale: i premi per noi dovrebbero semmai diminuire, ma di certo non continuare a crescere. Come invece fanno.

“Qualità solo media”

Naturalmente ogni anno più o meno in questo periodo, le scuse a giustificazione del reiterato salasso si sprecano. La più comune è la seguente: “paghiamo tanto, ma abbiamo prestazioni di ottima qualità”. Peccato che circa un mese e mezzo fa, in una sua newsletter, Mr Prezzi abbia raccontato una storia ben diversa. E cioè: che in Svizzera, malgrado i costi elevati, la qualità delle cure ospedaliere, in un confronto internazionale, è solo nella media. Nessuna eccellenza dunque. Commento di Mr Prezzi: “nei prossimi anni il rapporto qualità-costo deve migliorare in modo significativo”. Se ciò accadrà è tutto da vedere. Mentre non ci vuole il mago Otelma per indovinare che di sicuro nei prossimi anni ci cuccheremo ancora tanti aumenti di premio.

Paghiamo anche i sussidi

Al proposito va rilevato che, a seguito degli aumenti del premio di cassa malati, il contribuente non si limita a pagare sempre più cara la pillola sfornata mensilmente dagli assicuratori, ma di riflesso sale pure la spesa pubblica per i sussidi di riduzione del premio. E chi finanzia questi sussidi? Sempre il contribuente con le sue imposte. Poi ci si ritrova, nell’ambito delle manovre di rientro del Cantone, con aggravi sui valori di stima. E questi da un lato fanno aumentare il carico fiscale, dall’altro portano alla riduzione, rispettivamente alla perdita, di eventuali sussidi di cui il piccolissimo proprietario immobiliare ancora disponeva.

Un altro elemento

Gli stratosferici premi di cassa malati gravati da aumenti annuali sono uno degli elementi importanti di crescita della spesa sociale del nostro Cantone. Un secondo elemento è  l’esplosione dei casi d’assistenza. E al proposito va rilevato che il 42% delle persone che in Ticino si trovano a carico dell’ente pubblico non sono svizzere. L’immigrazione nello Stato sociale, dunque, non solo è una realtà, ma è una realtà dalle proporzioni monumentali.

Verso l’infinanziabilità

Succede quindi che, a furia di attingervi, la nostra socialità diventa infinanziabile. Il rubinetto non dà più acqua. Per rimediare, ci sono  due possibilità. O si taglia in modo lineare su tutti, oppure si creano delle precedenze. A noi, che siamo notoriamente populisti e razzisti, non sta bene che gli svizzeri – nati e cresciuti qui, che hanno sempre pagato le imposte –  per esigenze di risparmio vengano penalizzati allo stesso modo degli ultimi arrivati, che mai hanno contribuito al finanziamento del nostro stato sociale: hanno solo attinto, ed in vari casi senza dar prova di alcuno scrupolo.

“Prima i nostri”

E’ quindi chiaro che il principio della precedenza indigena – Prima i nostri – deve valere anche per l’accesso allo stato sociale. Si abbia dunque il coraggio di fare quanto necessario per tutelare i ticinesi in difficoltà: tagliare sulle prestazioni sociali agli stranieri. In particolare agli ultimi arrivati: ossia asilanti e permessi B. Perché punto primo è ora di piantarla con la deleteria politica delle frontiere spalancate e punto secondo è proprio il colmo del masochismo che, assieme alle frontiere, si spalanchino anche le borse della socialità, aggiungendo danno al danno. Libertà di movimento non vuole affatto dire libertà di mettersi a carico.

Lorenzo Quadri