Si torna, con nostro sommo piacere, a parlare di blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri (complimenti a due Consiglieri di Stato leghisti Norman Gobbi e Michele Barra!).
Il blocco va fatto e non solo a seguito delle prevedibili traversie sulla ferrovia Stabio-Arcisate parte italiana, dove il cantiere è fermo mentre gli svizzerotti, come sempre ligi agli accordi internazionali, rispettano i tempi di consegna ed addirittura hanno votato il doppio binario. Ricordiamo, così tanto per la cronaca, che il nostro Cantone ha già stanziato oltre cento milioni per il nuovo trenino dei puffi transfrontaliero, la metà dei costi totali dell’opera in Svizzera. E adesso si prospetta lo scenario caratteristico delle opere fatte in tandem con la vicina Penisola bancarottiera: su territorio elvetico e fino al confine doppio binario, su suolo italico zero binari. Garantito al pistacchio che finirà così anche con AlpTransit (che ci è costato un po’ di più della Stabio-Arcisate).
Questo per dire che il blocco dei ristorni va decretato anche nel caso in cui domani il cantiere della Stabio-Arcisate dovesse davvero riaprire i battenti, cosa di cui dubitiamo, ma “ul bel vedé…”.
Non c’era motivo per sbloccarli
Tanto per cominciare, i ristorni – bloccati, si ricorderà , in misura del 50% grazie alla Lega – non avrebbero mai dovuto venire sbloccati. Perché non ce n’era motivo. La Svizzera è tuttora iscritta nelle black list italiane illegali. L’Italia, ormai in bancarotta e con tassi di disoccupazione da terzo mondo, invece di sciacquarsi la bocca prima di nominare il nostro Paese dato che almeno 250mila persone (tra frontalieri, padroncini, e loro familiari) non solo mangiano ed hanno un tetto sulla testa, ma stanno molto meglio di tanti loro connazionali, unicamente perché a nord dell’Italia c’è la Svizzera e perché quest’ultima è stata autolesionista al punto da sottoscrivere la libera circolazione delle persone, continua la guerra economica nei nostri confronti: richiesta di pressione internazionale sulla Svizzera contro i rimasugli del segreto bancario, violazioni della nostra sovranità territoriale con spioni fiscali, negazione di qualsivoglia reciprocità nell’ambito della devastante libera circolazione delle persone (non che la reciprocità ci risolverebbe i problemi, beninteso), violazione dell’obbligo di riprendersi finti asilanti così come da Accordi di Dublino, atteggiamento gradasso ad ogni occasione, e via elencando.
A ciò si aggiunge che gli accordi sui ristorni dei frontalieri, datati 1974, sono oggettivamente carta straccia, poiché basati su presupposti non più dati da anni ossia: 1) riconoscimento italiano del segreto bancario; 2) rientro quotidiano dei frontalieri al domicilio; 3) utilizzo dei ristorni, da parte dei Comuni di residenza dei frontalieri, per realizzazione di infrastrutture (invece i ristorni finiscono a tappare i buchi di gestione corrente).
Segnale politico
Il blocco dei ristorni è un chiaro segnale politico: non siamo disposti ad andare avanti in questo modo, non siamo disposti a rispettare pedissequamente, e a nostro danno, le regole ottenendo per tutto ringraziamento di venire presi a pesci in faccia, e non siamo più disposti ad accettare di venire invasi da frontalieri e padroncini senza difenderci.
Il blocco dei ristorni è una misura efficace nei confronti di quei comuni che ne sono beneficiari, i quali sono in grado di fare pressioni sul governo centrale molto meglio di quanto non saprebbero fare i goffi negoziatori bernesi, che vanno a Roma a parlare in inglese!
Il fatto che il presidente P$ kompagno Lurati abbia già bollato, dall’alto della sua scienza, come “idiota” l’idea di ripetere il blocco conferma che si tratta di una buona proposta.
Ed è altrettanto inutile tirare in ballo la questione della Lega dei Ticinesi e di quella italiana, perché ognuno fa il leghista in casa propria. Ossia, ognuno difende gli interessi del proprio territorio. E se questi interessi sono conflittuali, è chiaro che non si va d’accordo.
Lorenzo Quadri